Roberta Ragni Almeno 441 nuove specie di animali e piante sono state scoperte nel corso degli ultimi quattro anni nell'immensa, misteriosa e inesplorata foresta pluviale del Rio delle Amazzoni. Le scoperte fatte tra il 2010 e il 2013 includono una scimmia che fa le fusa come un gatto e un piranha vegetariano, che si ciba unicamente di piante acquatiche
Almeno 441 nuove specie di animali e piante sono state scoperte nel corso degli ultimi quattro anni nell’immensa, misteriosa e inesplorata foresta pluviale del Rio delle Amazzoni. Le scoperte fatte tra il 2010 e il 2013 includono una scimmia che fa le fusa come un gatto e un piranha vegetariano, che si ciba unicamente di piante acquatiche.
Rivelate al mondo da uno svariato numero di scienziati e inserite in una lista per la prima volta dal WWF, le nuova specie si sommano a un sorprendente numero di 258 piante, 84 pesci, 58 anfibi, 22 rettili, 18 uccelli e 1 mammifero. E senza comprendere le innumerevoli scoperte di insetti e altri invertebrati.
“Quanto più gli scienziati guardano, più si trovano – spiega Damian Fleming, a capo del programma Brasile e Amazzonia del WWF-UK . “Con una media di due nuove specie identificate ogni settimana negli ultimi quattro anni, è chiaro che la straordinaria Amazonnia rimane uno dei più importanti centri di biodiversità al mondo”.
Le piante e gli animali scoperte di recente non hanno in comune solo il fatto di essere rimaste sconosciute agli uomini per così lungo tempo. Si pensa che si tratti di specie endemiche di piccole parti della foresta amazzonica. Non si trovano, cioè, in nessun’altra parte del mondo, e questo le rende ancora più vulnerabili alla minaccia della deforestazione che sta attualmente distruggendo tre campi da calcio di foresta pluviale ogni minuto in tutta l’Amazzonia.
“La ricchezza delle foreste dell’Amazzonia continua a stupire il mondo. Ma questi stessi habitat sono anche sotto minaccia crescente. La scoperta di queste nuove specie riafferma l’importanza dell’intensificazione degli impegni nella conservazione e nella gestione sostenibile della biodiversità”, conclude Fleming.
Roberta Ragni
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