Gli esperimenti condotti dalle università di Firenze e Pisa hanno dimostrato i danni delle microplastiche allo sviluppo delle piante coltivate
Non c’è angolo del globo che non sia contaminato dalla plastica che troppo spesso si degrada, per effetto dei raggi del sole o degli agenti atmosferici, e si scompone in frammenti piccolissimi: le pericolose microplastiche. Le microplastiche, per la loro dimensione molto limitata, si diffondono molto facilmente nell’ambiente: trasportate dal vento, finiscono nei mari o sui campi coltivati, vengono ingerite dagli animali e finiscono anche sulle nostre tavole.
Ora un nuovo studio condotto dalle università italiane di Pisa e di Firenze ne evidenzia gli effetti negativi sui processi di crescita e sviluppo degli ortaggi – in particolare, della zucchina (Cucurbita pepo), una delle piante più coltivate al mondo. I ricercatori hanno testato i possibili effetti tossici di quattro delle più abbondanti microplastiche che si rilevano nel suolo, soprattutto agricolo polipropilene, polietilene, polivinilcloruro (PVC) e polietilentereftalato. Date specifiche condizioni di temperatura e di luce, sono state coltivate delle zucchine in diversi tipi di terriccio, miscelato con varie concentrazioni di microplastiche (in modo da misurarne il livello di tossicità e la tolleranza da parte della pianta).
I risultati hanno dimostrato che tutte le microplastiche hanno causato una notevole riduzione della crescita delle piante e dei parametri fotosintetici; inoltre, è stata osservata una sensibile una variazione nell’assorbimento dei nutrienti. Tra i materiali testati, il PVC è quello risultato più tossico, poiché ha i maggiori danni – soprattutto a livello di crescita fogliare, performance fotosintetica e riduzione di assorbimento del ferro.
(Leggi anche: Sono oltre 70 anni che i pesci ingeriscono microplastiche, nuovo studio shock)
Il rilascio costante nell’ambiente e la bassissima degradabilità dei polimeri plastici è un problema a livello globale – racconta Cristina Gonnelli, responsabile dell’unità di ricerca dell’Università di Firenze. – Ad oggi il tasso di decomposizione delle micro- e delle nanoplastiche (cioè dei frammenti e delle particelle più piccole fino a<0,1 μm), nel suolo è piuttosto sconosciuto e si presume che la loro persistenza e accumulo stiano innescando un drammatico impatto sugli organismi viventi, occorre dunque capire quali effetti tali sostanze inneschino sulla crescita delle piante di cui ci alimentiamo.
Grazie alla sperimentazione, abbiamo chiari quali siano le possibili conseguenze negative dell’inquinamento da microplastiche in termini di resa produttiva nei terreni agricoli – spiega Ilaria Colzi, autrice dello studio. -Adesso dovremo valutare l’eventuale trasferimento di microplastiche dal suolo fino alla parte commestibile della pianta, un aspetto dalle notevoli implicazioni sulla salute umana.
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Fonti: Journal of Hazardous Materials / UniFi
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