Non solo api: di quante specie di impollinatori ha bisogno un prato?

Non è sufficiente tutelare le api comuni per garantire il buono stato di salute di campi coltivati e aree verdi: sono infatti gli insetti più rari che si occupano delle moltissime piante poco comuni che caratterizzano un ecosistema

La ricchezza della biodiversità e la presenza di numerose specie animali (anche rare) è la chiave per il buon funzionamento di un ecosistema: infatti, diversamente da quanto finora ritenuto, un’unica specie non è sufficiente a garantire la sopravvivenza delle diverse piante e, in generale, dell’ecosistema.

Le ricerche condotte fino ad oggi, infatti, tendono a concentrarsi su piante specifiche (spesso coltivazioni antropiche) o su comunità di piante diverse ma trattate come entità singola: questo atteggiamento della scienza ha dato troppa importanza al contributo delle specie più comuni di api – anche perché il 2% delle specie di api è responsabile dell’80% dell’impollinazione delle colture.

Tuttavia, nessuna pubblicazione ha ancora risposto ad un quesito fondamentale: quante specie diverse di insetti impollinatori sono necessarie per impollinare tutte le specie presenti in una certa comunità vegetale? Ora, un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università del Maryland ha allargato la forbice dell’indagine per provare a rispondere all’interrogativo.

Gli studiosi hanno dimostrato che, all’aumentare delle specie vegetali, sono necessarie più specie di api nel processo di impollinazione. Questo perché, mentre le specie di api più comuni si occupano delle piante più diffuse (come dimostrato dai dati espressi in precedenza), le api più rare sono quelle che si interessano di impollinare e favorire la sopravvivenza di piante specifiche, che tuttavia morirebbero senza il loro lavoro.

Gli insetti impollinatori più rari, quindi, svolgono un ruolo fondamentale nella tutela della biodiversità poiché in grado di sostenere la crescita di specie vegetali altrettanto rare. Purtroppo però, sono proprio questi insetti quelli che maggiormente rischiano di estinguersi a causa della perdita di habitat, dell’inquinamento, del cambiamento climatico e di altri fattori di origine antropica.

Il nostro lavoro mostra che le cose che sono rare in generale, come i visitatori rari di un prato, possono ancora svolgere funzioni davvero importanti, come l’impollinazione di piante che nessun altro impollina – spiega il professor Roswell, coautore dello studio.  – E questo è davvero un buon argomento per spiegare perché la biodiversità è importante.

(Leggi anche: Apocalisse delle api: il 9% degli insetti impollinatori rischia l’estinzione, secondo il report ISPRA)

I ricercatori hanno osservato la coesistenza di piante e insetti in undici piccoli ecosistemi del New Jersey, fra campi coltivati dall’essere umano e aree lasciate incolte. In questi territori, è stata registrata la presenza di oltre 180 specie di insetti diversi, che si sono occupati di circa 130 specie di piante. Le “visite” degli insetti alle piante sono state, in un solo anno, oltre 22.000.

I dati raccolti hanno dimostrato che i prati incolti, ricchi di specie di piante rare, hanno bisogno di molte più specie di api impollinatrici rispetto ai campi coltivati, che presentano una o poche specie vegetali – si stima un numero di api fino a 7 volte superiore. Inoltre, gli impollinatori rari rappresentano fino al 25% del totale degli insetti, con una presenza maggiore nei prati con maggiore varietà di piante.

Questo studio ci dimostra ancora una volta perché tutelare la salute e la sopravvivenza degli insetti, soprattutto di quelli più rari, sia un requisito necessario per conservare la ricchezza della biodiversità che ancora possiamo trovare all’interno dei nostri prati.

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Fonte: Royal Society Publishing

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