“Le balene non sono in vendita!” È questo il messaggio che campeggia sullo striscione esposto oggi da Greenpeace a Piazza di Spagna, a Roma, davanti ad una balena lunga quindici metri, per protestare contro la feroce caccia alle balene e alla corruzione diffusa nel mondo, che mette a repentaglio la vita di questi cetacei.
Proprio oggi, nella città marocchina di Agadir, si è aperta la sessantaduesima edizione dell’incontro della Commissione Baleniera internazionale (IWC), in cui i Paesi di tutto il mondo decideranno sul futuro delle balene. Oggetto del dibattito di questi giorni sarà una proposta che potrebbe mettere a rischio la moratoria alla caccia delle balene, che è in vigore da ben ventiquattro anni. In sostanza, Paesi come Giappone, Norvegia e Islanda, potrebbero tornare ad uccidere e commercializzare indisturbati questi poveri animali.
Proprio in Giappone infatti, Greenpeace sta vivendo un momento difficile: due attivisti giapponesi, Junichi Sato e Toru Suzuki, rischiano oggi più di un anno di reclusione per aver denunciato le dinamiche di corruzione e contrabbando di balene nel loro Paese. E l’Italia – mentre si avvicina la riapertura della caccia commerciale di questi cetacei – mostra un atteggiamento passivo di fronte alla corruzione e alla compravendita di voti che mette a rischio la vita di questi animali marini.
«Apprezziamo la posizione dell’Italia fortemente contraria alla caccia baleniera, ma questo non basta per salvarle – ha detto Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace. – È necessario che tutti i Paesi contrari alla caccia alle balene denuncino la compravendita dei voti all’IWC e impediscano a pochi Paesi di pagarsi il diritto di cacciare le balene».
A vacillare infatti è anche l’autorevolezza e l’onestà dell’IWC, che sarebbe tutt’altro che trasparente. Secondo Greenpeace e il Sunday Times infatti, il voto dei Paesi più poveri sarebbe acquistato dai Paesi più ricchi e desiderosi di riaprire la caccia alle balene, che verserebbero soldi ai paesi meno abbienti per costringerli a votare a favore della riapertura delle attività.
Per fermare tutto questo, qualche giorno fa, Greenpeace ha inviato una lettera al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giancarlo Galan – responsabile in Italia per l’IWC – e al Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, chiedendo loro di attivarsi subito per mettere fine alla compravendita di voti e dichiarare il no italiano alla riapertura della caccia commerciale. La riposta dai ministeri non è ancora arrivata.
Verdiana Amorosi