Il Great Blue Hole è un sinkhole sottomarino situato nel cuore del Lighthouse Reef, un piccolo atollo a pochi km dalla costa del Belize. La notizia sconcertante è che anche qui è stata trovata della plastica.
Trovata plastica anche nella dolina carsica subacquea al largo del Belize, una delle strutture sommerse più suggestive e fotografate al mondo e patrimonio dell’Umanità
Fin da quando l’esploratore oceanico Jacques Cousteau focalizzò l’attenzione mondiale sullo spettacolare Great Blue Hole del Belize nei primi anni ‘70, la curiosità per questo luogo sottomarino è notevolmente cresciuta, soprattutto per il mistero che avvolge il fondo di questa meraviglia naturale blu scuro. Ma ora Richard Branson ha raccontato il suo affascinante viaggio sottomarino proprio nel Great Blue Hole e quello che ha scoperto è sconvolgente.
Nel dicembre dello scorso anno, una squadra composta dal miliardario Richard Branson – fondatore del Virgin Group – dalla pilota sommergibile Erika Bergman e dal documentarista dell’oceano Fabien Cousteau, ha scoperto, a più di 120 metri dal fondo della dolina, qualcosa di ahinoi molto familiare.
L’iniziativa era volta a supportare le attività dell’associazione OceanUnite per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema dell’inquinamento da plastica negli oceani.
E così difficile non è stato. I veri mostri marini, scrive Branson in un post sul blog sono “il cambiamento climatico e la plastica. Purtroppo abbiamo visto delle bottiglie di plastica sul fondo del buco, che è una vera piaga dell’oceano, dobbiamo sbarazzarci della plastica monouso”.
In un’altra immersione, Bergman ha riferito di aver recuperato una GoPro persa con una scheda SD intatta.
Oltre ad esplorare le sue profondità, la spedizione di un mese ha completato anche una prima scansione 3D interattiva del sito. “È una mappa virtuale e questi dati verranno forniti al governo Belize a scopo di ricerca, in modo che possano comprendere meglio la Blue Hole e contribuire alla sua conservazione”, spiega Bryan Price, vice presidente di Aquatica Submarines.
I veri mostri degli abissi
Questa non è la prima volta che i pionieri delle profondità oceaniche abbiano dovuto fare i conti con un mare di plastica. Nel 2017, i ricercatori di creature marine nella parte inferiore della Fossa delle Marianne – il punto più profondo dell’oceano a più di 10mila metri – furono scioccati nello scoprire che il 100% di loro aveva ingerito della plastica.
Gli scienziati hanno ora ragione di credere che i punti più profondi dell’oceano possano agire come depositi per grandi quantità di inquinamento plastico. Proprio il mese scorso, uno studio pubblicato dai ricercatori cinesi della Chinese Academy of Science ha trovato ben 2mila pezzi di microplastica in un litro d’acqua prelevato dalla fossa delle Marianne.
“Le plastiche artificiali hanno contaminato i luoghi più remoti e più profondi del pianeta – hanno scritto gli scienziati cinesi – che probabilmente rimangono i più grandi pozzi per i detriti microplastici sulla Terra, con impatti sconosciuti ma potenzialmente dannosi su questo fragile ecosistema”.
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Germana Carillo