Giappone, disastro nucleare Fukushima: le conseguenze dell’acqua radioattiva nell’oceano Pacifico

A quasi un mese di distanza dal terribile terremoto che ha colpito il Giappone, l'allarme ambientale legato alla centrale nucleare di Fukushima non solo non è rientrato, ma continua ad aggravarsi giorno dopo giorno. È infatti di poche ore fa la notizia che itecnici giapponesi dell'azienda Tepco sono stati costretti – così vuole la versione della stessa Tepco – a rilasciare nelle acque oceaniche della costa ben 11.500 tonnellate di acqua radioattiva. Una mossa disperata che, avevano spiegato ieri i portavoce dell'azienda, sarebbe servita a scongiurare un disastro ben peggiore: la fuoriuscita di altra acqua con percentuali di radioattività ancora più elevate.

A quasi un mese di distanza dal terribile terremoto che ha colpito il Giappone, l’allarme ambientale legato alla centrale nucleare di Fukushima non solo non è rientrato, ma continua ad aggravarsi giorno dopo giorno. È infatti di poche ore fa la notizia che i tecnici giapponesi dell’azienda Tepco sono stati costretti – così vuole la versione della stessa Tepco – a rilasciare nelle acque oceaniche della costa ben 11.500 tonnellate di acqua radioattiva. Una mossa disperata che, avevano spiegato ieri i portavoce dell’azienda, sarebbe servita a scongiurare un disastro ben peggiore: la fuoriuscita di altra acqua con percentuali di radioattività ancora più elevate.

La situazione è dunque critica, al punto che alcuni hanno già piazzato il disastro di Fukushima al primo posto nella classifica dei peggiori incidenti legati all’energia atomica per uso pacifico. Peggio anche di Cernobyl. E non c’è da stupirsi, dato che, dopo la contaminazione del suolo e dell’aria nelle zone circostanti alla centrale – contaminazione dovuta alla famigerata “nube radioattiva” – anche le acque dell’Oceano Pacifico risultano ora irrimediabilmente inquinate da particelle radioattive. Bisogna inoltre tenere presente che è tuttora aperta una falla di circa 20 centimetri nei paraggi del reattore 2 – quello che finora sta causando i danni peggiori – dalla quale continua a fuoriuscire altra acqua “a basso contenuto radioattivo”. La situazione è così confusa che non si sa ancora se il problema sia connesso o meno con quelle 11.500 tonnellate d’acqua riversate in mare.

Di certo, come dichiarato dalla Tepco, i tecnici tenteranno nei prossimi giorni di individuare la falla colorando l’acqua ancora all’interno del reattore, per poi tentare in qualche modo una riparazione. Nel frattempo il governo nipponico ha chiesto alla Russia una nave per stoccare l’acqua contaminata, si vedrà con quali risultati.

Ma quali sono le conseguenze per l’ambiente? E per i nostri mari? La radioattività dell’acqua arriverà fino a noi come, seppur in piccolissime quantità, la nube radioattiva?

La catena alimentare marina nelle zone a ridosso della centrale, in ogni caso, sarà compromessa per centinaia o forse migliaia di anni. Le particelle radioattive contenute nell’acqua infatti, saranno responsabili di gravissime mutazione del DNA di alghe, pesci, crostacei e ogni altra forma di vita animale o vegetale con cui entreranno in contatto, con conseguenze imprevedibile ma di sicuro pessime per la salute dell’ambiente e, soprattutto, dell’uomo. Non a caso, e per fortuna, la pesca nel mare antistante la centrale di Fukushima è stata vietata.

Meno probabile, invece, un’influenza negativa sul lungo raggio, data l’enorme massa d’acqua contenuta negli oceani (attorno ai 1400 milioni di metri cubi) e dato anche il tempo lentissimo di rimescolamento degli stessi. Insomma, a differenza della nube radioattiva, ci vorranno migliaia di anni affinché le acqua pesante contaminata arrivi fino ai nostri mari anche perché la massa degli oceani è di un milione di volte la massa dell’atmosfera e la diluizione sarà tale da rendere non misurabile la contaminazione.

Foto: Frostroomhead

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