Sembra incredibile, ma un gruppo di studenti e ricercatori impegnati in una spedizione scientifica nella foresta amazzonica avrebbe scoperto un fungo in grado di intervenire nel processo di degradazione delle materie plastiche. Non ci stupisce però che il “fungo mangia plastica” sia stato scoperto all’interno di quello che viene considerato un vero e proprio paradiso della biodiversità, come ci mostra l’ultima mappatura della foresta pluviale sudamericana.
Sembra incredibile, ma un gruppo di studenti e ricercatori impegnati in una spedizione scientifica nella foresta amazzonica avrebbe scoperto un fungo in grado di intervenire nel processo di degradazione delle materie plastiche. Non ci stupisce però che il “fungo mangia plastica” sia stato scoperto all’interno di quello che viene considerato un vero e proprio paradiso della biodiversità, come ci mostra l’ultima mappatura della foresta pluviale sudamericana.
La scoperta è avvenuta grazie alla spedizione che l’Università di Yale organizza annualmente per permettere agli studenti di sperimentare direttamente sul campo le conoscenze acquisite durante il proprio percorso di studi. Gli universitari, guidati dal professor Scott Strobel, docente di biochimica molecolare dell’istituto statunitense, si sono avventurati nella fitta vegetazione pluviale dell’Ecuador per studiare i microrganismi presenti sulle piante.
Sono così giunti ad individuare un fungo, la cui esistenza era finora ignorata da parte del mondo scientifico, in grado di cibarsi di poliuretano, polimero impiegato per la produzione di diversi materiali utilizzati ad esempio per la fabbricazione di imbottiture per materassi e divani, elastici, guarnizioni e lastre termoisolanti, la cui scomposizione, una volta tramutatisi in rifiuti, aveva finora richiesto diversi decenni.
L’aspetto che interessa maggiormente i ricercatori è che il fungo in questione, appartenente alla specie Pestalotiopsis microspora, sarebbe in grado di sopravvivere nutrendosi esclusivamente di poliuretano grazie ad un processo che avverrebbe esclusivamente in condizioni di assenza di ossigeno, cioè in un ambiente anaerobico che potrebbe essere molto simile a quello presente sul fondo delle discariche.
La speranza degli studiosi risiede proprio nel fatto di poter riuscire ad applicare la scoperta per facilitare e velocizzare la degradazione dei rifiuti contenenti tale materiale. Sono già stati isolati in laboratorio quegli enzimi che permettono al fungo di nutrirsi, nel vero senso della parola, di poliuretano. In futuro i compattatori di rifiuti potrebbero essere abitati proprio da funghi come questo. I risultati delle ricerche finora effettuate sono stati pubblicati dall’autorevole rivista scientifica AEM – Applied and Environmental Microbiology.
Marta Albè