Tigri, panda e rinoceronti e altre 440 specie entro il 2050 potrebbero estinguersi del tutto
Biodiversità e cambiamenti climatici: tigri, panda e rinoceronti e altre 440 specie entro il 2050 potrebbero estinguersi del tutto. In pratica, una specie su quattro di carnivori e ungulati rischia di non esistere più tra pochi anni. La causa, manco a dirlo, è da ricercarsi nell’attuale modello di sviluppo socio-economico che si basa su alti tassi di deforestazione e di emissioni di CO2.
È quanto viene fuori da un nuovo studio condotto da 10 istituzioni, tra cui l’Università Sapienza di Roma, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) e BirdLife International, pubblicato sulla rivista Conservation Letters.
In pratica, allo stato dei fatti, tutte quelle specie di animali, alle quali si aggiungono quelle già minacciate oggi, non hanno nessuna possibilità di migliorare il proprio status di conservazione se si continua con queste scellerate politiche di “sviluppo” globali.
“La crescente domanda globale di oggi di cibo, acqua ed energia viene soddisfatta aumentando la produttività agricola e l’utilizzo di combustibili fossili e di altre risorse“, dice il co-autore Thomas Brooks, dell’Head of Science and Knowledge, una unità dell’IUCN. “Questo ha un elevato costo ambientale” che non giova in alcun modo sugli animali.
L’ALTERNATIVA
“Nel documento si dimostra per la prima volta che gli obiettivi di sviluppo umano e la conservazione della biodiversità non hanno bisogno di competere“, spiega Piero Visconti, ricercatore affiliato presso il laboratorio Global Mammal Assessment del dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e al centro di Microsoft Research a Cambridge. “Abbiamo scoperto che uno scenario alternativo esiste ed è in grado di eradicare fame e povertà e di migliorare il benessere umano in generale, raggiungendo al contempo un miglioramento dello stato di conservazione della biodiversità“.
Una sorta di “Consumption Change“, uno scenario in cui l’accesso alle risorse alimentari, energetiche e idriche da parte delle fasce più povere della popolazione umana aumenterà fino a raggiungere i “Millennium Development Goals” delle Nazioni Unite. Nel contempo, i consumi e le emissioni pro-capite da parte dei paesi sviluppati saranno ridotti con una minore produzione di scarti agricoli post-produttivi e con l’adozione di una dieta più salutare (con un minor consumo di carne!), come raccomandato dalla Harvard Medical School of Public Health.
“Questa è la prima volta in cui si dimostra che le azioni individuali per il raggiungimento di uno stile di vita più sostenibile, come ad esempio il ridotto consumo di carne, possono avere nel loro insieme un enorme impatto per la biodiversità del mondo“, dice Carlo Rondinini, coordinatore del laboratorio Global Mammal Assessment.
Lo studio evidenzia come la domanda crescente di prodotti agricoli potrà essere soddisfatta solo grazie all’uso più efficiente dell’attuale capacità produttiva. Il percorso di cambiamento socio-politico di questo scenario è stato progettato in prendendo il via da una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2050 e il 2020 e proiettando, fino ad arrivare ai nostri giorni, i livelli di consumo di risorse necessari a raggiungere gli obiettivi finali. Una tecnica che porta il nome di “back-casting” e che, probabilmente, scongiurerà il rischio di estinzione futuro di un intero gruppo di specie animali.
Germana Carillo
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