Le donne del Kenya che hanno salvato la barriera corallina con un progetto di restauro

Un progetto di restauro della barriera corallina, realizzato principalmente da donne su una piccola isola del Kenya, ha ottenuto risultati sorprendenti. Pesci di ogni specie oltre che aragoste e polpi sono tornati a popolare il mare!

Un progetto di restauro della barriera corallina, realizzato principalmente da donne su una piccola isola del Kenya, ha ottenuto risultati sorprendenti. Pesci di ogni specie oltre che aragoste e polpi sono tornati a popolare il mare!

Tre anni fa, la barriera corallina che si trova lungo le coste del Kenya, in alcune aree  è stata quasi completamente distrutta (si parla del 60-90% di corallo perso). L’aumento della temperatura del mare in superficie aveva scatenato devastanti episodi di sbiancamento dei coralli (per la quarta volta in meno di due decenni) e, come conseguenza di questa situazione, era stata registrata anche una pesante diminuzione della vita marina. La pesca eccessiva aveva poi aggravato ulteriormente il problema.

Il degrado della barriera corallina e i suoi effetti sull’ecosistema marino, minacciavano seriamente la sussistenza delle comunità costiere dipendenti dal mare. A salvare (almeno in parte) la situazione ci ha pensato un progetto di restauro della barriera corallina, portato avanti da un gruppo di donne su una piccola isola al largo della costa sud-orientale del Kenya (Wasini Island).

L’opera di restauro ha dimostrato come le tecniche di ripristino del corallo siano in grado di rilanciare gli ecosistemi marini e creare mezzi di sostentamento sostenibili per le comunità che dipendono dalla pesca e dall’ecoturismo.

“I pesci hanno iniziato a tornare da quando sono iniziate le attività di restauro” ha dichiarato Nasura Ali, del Wasini Beach Management Unit
che conta circa 250 membri, di cui 150 donne (40 tra loro addestrate nelle tecniche di restauro).

Quello che viene fatto è sostanzialmente trapiantare coralli nelle aree di scogliera degradate. Le barriere coralline possono essere create in vari modi. Un metodo, ampiamente praticato in Giappone e Malesia, prevede l’uso di blocchi di cemento ma è molto costoso e dato che il progetto in Kenya mira ad aumentare il restauro dei coralli in una vasta area di circa 2 ettari, al posto del calcestruzzo vengono utilizzati materiali disponibili localmente.

I massi rocciosi trovati sul litorale e tenuti insieme con cemento idraulico, vengono utilizzati per creare strutture artificiali per la barriera corallina.

Ma prima che i coralli possano essere piantati su queste scogliere artificiali, devono essere allevati in un vivaio, un processo che dura dalle tre alle quattro settimane.

I coralli trapiantati nelle zone dove erano praticamente scomparsi sono fortunatamente riusciti a sopravvivere fornendo nuovi habitat per le specie ittiche che rischiavano di scomparire. Come sappiamo, infatti, le barriere coralline offrono riparo e aree di riproduzione per centinaia di specie marine.

La popolazione ittica nelle acque intorno all’isola, in seguito a questo lavoro, è aumentata di ben tre volte rispetto ad altre aree e questo successo ha portato al finanziamento da parte del Kenya Coastal Development (KCDP). La gente del posto sull’isola Wasini ad oggi ha coltivato più di 3.000 coralli.

Le donne dell’isola di Wasini si sono preoccupate di ripristinare le popolazioni ittiche anche coltivando le alghe marine che la pesca eccessiva di alcune specie aveva fatto scomparire. Usando sacchi di iuta o di sisal per proteggere le piantine e impedire loro di essere portate via dalla corrente, le donne sono riuscite a ripiantare le alghe sul fondo dell’oceano.

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