L’attività industriale dei Paesi occidentali degli ultimi decenni ha provocato un inquinamento di proporzioni disastrose. Acqua, terra e aria sono ormai contagiate da sostanze nocive, che rischiano di compromettere irrimediabilmente la salute dei cittadini. A mettere nero su bianco, in modo dettagliato, la tragica realtà dei Paesi “a nord del mondo” è il report di Greenepeace, dal titolo “danni sommersi”, che rivela gli alti costi finanziari, ambientali e sociali che l'inquinamento industriale ha provocato negli ultimi decenni nei Paesi industrializzati.
L’attività industriale dei Paesi occidentali degli ultimi decenni ha provocato un inquinamento di proporzioni disastrose. Acqua, terra e aria sono ormai contagiate da sostanze nocive, che rischiano di compromettere irrimediabilmente la salute dei cittadini. A mettere nero su bianco, in modo dettagliato, la tragica realtà dei Paesi “a nord del mondo” è il report di Greenpeace, dal titolo “danni sommersi”, che rivela gli alti costi finanziari, ambientali e sociali che l’inquinamento industriale ha provocato negli ultimi decenni nei Paesi industrializzati.
E se da un lato il documento di Greenpeace vuole evidenziare le conseguenze distruttive dell’impatto industriale nei paesi “modernizzati”, dall’altro vuole diventare uno strumento a beneficio di chi oggi, nei Paesi emergenti, fa ancora in tempo a proteggere le proprie risorse idriche e impegnarsi a raggiungere un futuro privo di sostanze tossiche.
“Nei Paesi occidentali l’inquinamento delle acque da composti chimici pericolosi ha determinato così tante difficoltà tecniche, economiche e politiche da essere ingestibile – ha detto Vittoria Polidori responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace – Vogliamo mettere a disposizione dei Paesi emergenti le nostre drammatiche esperienze perché essi sappiano difendersi, visto che è proprio lì che è stata trasferita gran parte della produzione chimica e manifatturiera“.
Insomma, il messaggio è chiaro: “non continuate a fare come noi, perché poi vi ritrovate in queste condizioni”!
“I danni arrecati dall’inquinamento industriale alla salute, all’ambiente e alle economie locali raramente sono presi in considerazione – ha aggiunto Polidori – Ancor più difficile è che questi danni siano compensati, non perché essi sono impossibili da calcolare, ma perché è difficile identificare chi inquina e, ancor di più, imporre il principio che chi inquina paga”.
Greenpeace chiede quindi ai Governi dei Paesi emergenti di impegnarsi per un futuro senza sostanze tossiche, dando un chiaro segnale di inversione di tendenza, e di adottare misure in grado di eliminare progressivamente l’uso e il rilascio di sostanze pericolose, per raggiungere finalmente lo status di “Scarichi Zero”.
Verdiana Amorosi