Crescione: perché è l'”erbaccia” più amata dagli scienziata (e sottovalutata troppo spesso)

Scopri le grandi caratteristiche del crescione: da semplice "erbaccia" a punto di riferimento in campo scientifico. Esploriamo i vari studi che vedono il crescione assoluto protagonista.

Il crescione, noto scientificamente come Arabidopsis thaliana, è una piccola pianta che spesso passa inosservata: cresce nelle radure, sui cigli delle strade e tra le pietre dei sentieri, e si diffonde con una certa facilità nei prati dei giardini. Appartenente alla famiglia della senape, il crescione è parente stretto di cavoli, colza, ravanelli, rape e rucole, è robusto, ed è in grado di tollerare variazioni di temperatura comprese tra 0 ed oltre 30 gradi.

La sua apparenza modesta, con una rosetta di foglie a terra, uno stelo lungo e magro, dei fiori sparsi ed un’altezza che non supera i 25 cm, non attira di certo l’attenzione, ma come spesso accade, l’abito non fa il monaco: il crescione possiede capacità straordinarie ed ha molto da offrire in termini scientifici, tanto da guadagnarsi il favore dei biologi.

Un modello per la ricerca genetica

Il crescione è stato studiato intensamente dai biologi, che lo hanno utilizzato come organismo modello per la ricerca genetica in campo botanico.
Tra i suoi vantaggi, possiamo sicuramente menzionare la presenza di un genoma piccolo e compatto, sequenziato per la prima volta più di 20 anni fa: la completa mappatura del genoma ne ha reso possibile la manipolazione, pertanto, le versioni transgeniche e mutanti del crescione sono utilizzate per attivare o disattivare geni specifici a piacimento.

Un’altra ottima caratteristica del crescione, che lo rende particolarmente utile ai fini della ricerca, è una grande capacità di riproduzione rapida, che gli consente di completare il ciclo vitale in soli due mesi.

La ricerca condotta sull’ “Arabidopsis Thaliana”: una svolta per l’agricoltura e l’ambiente?

Gli scienziati sono interessati ad ogni aspetto del crescione: cellule, proteine, interazioni molecolari, genetica e genomica, quindi studiano le condizioni in cui fiorisce, i geni attivati durante la senescenza dei petali, i suoi punti di forza ed i punti deboli, il modo in cui pianta risponde ai cambiamenti ambientali (come le variazioni di luce e temperatura) ed alla disponibilità, o meno, dei nutrienti.
Tra le ricerche degne di nota, possiamo citare l’EPFL, il centro svizzero del plasma (anche noto come Swiss Plasma Center), dove gli esperti hanno condotto un trattamento al plasma utilizzando dei semi di crescione: l’obiettivo era verificare se questa tecnica potesse sostituire l’utilizzo di pesticidi e fungicidi, determinando una vera svolta sia per l’agricoltura che per l’ambiente.

Infatti, la sostanza ottenuta sarebbe in grado di proteggere le piante senza lasciare residui tossici nell’ambiente: i risultati preliminari sono soddisfacenti, avvalorando l’ipotesi che il trattamento al plasma potrebbe essere una via d’azione efficace in campo agricolo.

Gli studi sulla tecnologia al plasma applicata all’agricoltura continuano, e qui potrete trovare maggiori informazioni.

Competizione per la luce

Nel mondo vegetale la competizione per la luce è feroce, perché si tratta di un elemento imprescindibile per qualsiasi organismo, basilare per delle buone condizioni di vita: in questa corsa verso la sopravvivenza, le piante più piccole allungano i loro steli e allargano le foglie per evitare l’ombra generata delle piante più grandi, e vedersi garantito l’accesso alla fonte di luce.
La capacità del crescione nel saper riconoscere la direzione da cui proviene la luce è stata chiarita grazie a una collaborazione tra i biologi dell’Università di Losanna (UNIL) e gli ingegneri dell’EPFL. La ricerca ha dimostrato che la diffusione della luce all’interno della pianta permette al crescione di orientarsi verso la luce: il team di esperti ha scoperto che i tubi d’aria nelle cellule del fusto del crescione sono cruciali per percepire la direzione della luce, permettendo alla pianta di inclinarsi verso la fonte luminosa.

Il crescione nello spazio

L’adattabilità del crescione è stata testata anche nello spazio. Negli anni ’90, è stato portato nella stazione spaziale MIR e successivamente nella Stazione Spaziale Internazionale (ISS), mentre ad inizio 2000 un team di scienziati del Wisconsin Center for Space Automation and Robotics ha potuto osservare il comportamento del crescione in microgravità, attraverso la creazione di un laboratorio orbitante.
In un simile ambiente, la pianta ha completato il suo ciclo vitale senza problemi, dimostrando di poter crescere e svilupparsi indipendentemente dalla gravità, risultato che ha aperto la porta a missioni spaziali che potrebbero basarsi su una dieta a base di prodotti vivi anziché su alimenti liofilizzati o disidratati.

Crescione e regolite lunare

La grande versatilità del crescione ha saputo confrontarsi positivamente non solo con l’assenza di gravità, ma anche con terreni “extraterrestri”, letteralmente: ha mostrato la capacità di crescere e prosperare nella regolite, lo strato di detriti rocciosi che ricopre la superficie della Luna.
Nel 2021, una  ricerca finanziata dalla NASA ha dimostrato la possibilità di coltivare piante di arabidopsis thaliana in questo substrato povero di nutrienti, anche se le piante testate hanno dovuto lottare duramente per sopravvivere e non sono state in grado di produrre semi, dimostrando come la coltivazione sul suolo lunare sia ancora ben lontana dall’essere una concreta possibilità.

Resistenza alle alte temperature

I ricercatori del Laboratorio di biofisica statistica dell’EPFL e dell’Università di Losanna hanno osservato come il crescione possa rispondere alle alte temperature. Hanno creato una linea di piante geneticamente modificate chiamate HIBAT, che reagiscono alla presenza di D-Valina: i risultati hanno mostrato che a 22°C le piantine non sono state influenzate, mentre il 98% è morto a 38°C in presenza di D-Valina. Questo risultato indica che il crescione può essere utilizzato per studiare i meccanismi di resistenza al calore, un aspetto cruciale con il cambiamento climatico.
Anche in questo caso gli studi in merito non mancano.

Crescione e mine anti-uomo

Negli anni 2000, gli scienziati danesi hanno sviluppato un crescione mutante in grado di segnalare la presenza di mine anti-uomo, modificando i geni responsabili della produzione del pigmento rosso, l’antocianina, che si attiva in presenza di biossido di azoto, rilasciato dalle mine esplose.

Utilizzare i semi di questa variante modificata di crescione su dei terreni potenzialmente minati potrebbe aiutare nello sminamento, visto che il pericolo verrà segnalato chiaramente con delle piante che cambieranno colore in pochi giorni, passando dal verde al rosso.

Il crescione nel mondo dell’arte

L’Arabidopsis thaliana ha ispirato anche l’arte. L’artista e biologa Špela Petrič ha esplorato l’ibridazione tra uomo e pianta, integrando ormoni steroidei estratti dalla propria urina in cellule di crescione. Questo progetto, intitolato “Ectogenesis”, ha portato alla creazione di piantine influenzate da elementi umani, unendo biologia e arte in un modo unico.

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