Campi Flegrei: la crosta del vulcano si sta indebolendo, si rischia un’eruzione imminente? Cosa dice il nuovo studio

Nell'area vulcanica dei Campi Flegrei, in Campania, sono state osservate delle variazioni del comportamento nella crosta della caldera. Cosa significa? C'è il rischio che si verifichi un'eruzione a breve?

Negli ultimi mesi i riflettori dei media e degli esperti sono stati puntati sulla zona dei Campi Flegrei, dove si è registrato un incremento degli episodi di bradisismo (ovvero il movimento lento del suolo) e di eventi sismici che hanno generato un po’ di allarme. Ma cosa sta accadendo all’antico supervulcano situato nel golfo di Pozzuoli? A chiarire molte perplessità è un recente studio portato avanti dai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano (INGV-OV) in collaborazione con l’University College London (UCL).

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I Campi Flegrei sono un’area vulcanica attiva da più di 80.000 anni. L’ultima eruzione risale al 1538, che portò alla formazione del cono di tufo di Monte Nuovo nel settore occidentale della caldera, ad ovest Pozzuoli.

campi flegrei

@Osservatorio Vesuviano dell’Ingv

Negli anni precedenti a questo episodio la caldera ha subito un sensibile sollevamento del suolo nella sua parte centrale. Successivamente, a partire dalla seconda metà del XX secolo è iniziato un ulteriore periodo di elevamento del terreno che ha portato a due crisi bradisimiche negli anni 1969-72 e 1982-84 (quest’ultima caratterizzata da intensa sismicità).

Questo fenomeno si è continuato a ripetere con una certa frequenza anche negli anni più recenti. Come riporta l’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, il sollevamento registrato a partire da novembre 2005, è di circa 109 cm, di cui circa 76 cm da gennaio 2016.

Di seguito un’immagine satellitare dell’ISPRA che ci mostra le deformazioni e gli spostamenti del terreno nell’area dei Campi Flegrei:

campi flegrei

@ISPRA

Il graduale sollevamento del suolo e il rischio di un’eruzione

Dalla recente ricerca – pubblicata su Communications Earth and Environment – è emerso che la crosta della caldera di questa zona vulcanica campana si è indebolita per via di questi episodi di sollevamento del suolo.

Il nostro studio conferma che i Campi Flegrei si stanno avvicinando alla rottura. – illustra  Christopher Kilburn, autore principale del lavoro e professore di Vulcanologia presso l’University College London – Tuttavia, questo non significa che un’eruzione sia garantita. La rottura può aprire una crepa attraverso la crosta, ma il magma deve ancora essere spinto verso l’alto nel punto giusto perché si verifichi un episodio eruttivo.

Questa è la prima volta che applichiamo il nostro modello, che si basa sulla fisica di come le rocce si rompono, in tempo reale in qualsiasi vulcano. Il nostro primo utilizzo del modello risale al 2017 e da allora i Campi Flegrei si sono comportati come previsto, con un numero crescente di piccoli terremoti che indicano una pressione dal basso.

 

campi flegrei

@UCL/INGV-Communications Earth & Environment

 

Lo studio evidenza che, nonostante il livello del suolo raggiunto oggi sia superiore di oltre 10 cm a quello raggiunto durante la crisi bradisismica del 1984, la deformazione inelastica sta avvenendo con un livello di sforzo inferiore rispetto al 1984. – prosegue  Stefano Carlino dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e co-autore della ricerca. – Questo risultato suggerisce che, nel corso degli episodi di sollevamento della caldera dei decenni passati si sono progressivamente prodotte modifiche dello stato fisico della crosta e che questi cambiamenti non possono essere trascurati nello studio della dinamica vulcanica in atto e nelle sue evoluzioni future.

Di una cosa gli scienziati sono abbastanza convinti un’eventuale eruzione potrebbe essere “annunciata” da segnali abbastanza deboli.

In ogni scenario, la crosta superficiale dei Campi Flegrei sarà stata parzialmente o completamente rotta. Sarà quindi strutturalmente più debole di quanto non sia mai stato durante i suoi disordini dal 1950 e quindi, rispetto ai precedenti episodi di disordini vulcanici, risulterà più facile per il nuovo magma trovare una via verso la superficie. – chiariscono i ricercatori nello studio – Di conseguenza, un’eruzione magmatica può essere preceduta da segnali precursori più deboli di quelli visti fino ad oggi, ad esempi un minor numero di terremoti o di episodi di sollevamento del suolo.

Tale comportamento assomiglierebbe a quello osservato alla caldera di Rabaul, in Papua Nuova Guinea, quando la sua eruzione del 1994 fu preceduta da tassi di eventi vulcano-tettonic dieci volte inferiori a quelli registrati durante una crisi sismica di due anni nel decennio precedente.

Per avere più elementi bisognerà monitorare ulteriormente la delicata situazione, ma per il momento non vi è alcun allarme relativo ad una pericolosa eruzione imminente.

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Fonti: Osservatorio Vulcanico (INGV)/Communications Earth and Environment

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