La tempesta Vaia, abbattutasi nel Nord Italia, trascina conseguenze ancora oggi, con l'infestazione dovuta al parassita bostrico
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La tempesta Vaia, che tre anni fa si è abbattuta in alcune regioni del Nord Italia, trascina conseguenze ancora oggi, con l’infestazione dovuta al parassita bostrico
Tre anni fa, nell’ottobre del 2018, la tempesta Vaia si è abbattuta su diverse regioni italiane (Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) spezzando alberi e distruggendo il patrimonio forestale: quasi 43.000 ettari di bosco sono stati danneggiati, per non parlare dei danni alle infrastrutture e agli insediamenti umani. Il solo settore forestale ha visto in poche ore svanire il potenziale di lavorazione di 7 anni, con danni stimati per 350 milioni di euro. Non va dimenticato, infine, il danno ambientale: oltre alla distruzione dell’ecosistema, le foreste morte rilasciano nell’atmosfera 11 milioni di tonnellate di diossido di carbonio – oltre alla CO2 che resterà libera poiché non sarà catturata dagli alberi attraverso il processo di fotosintesi. Oggi una nuova minaccia si abbatte su questi territori già duramente provati: è il parassita bostrico.
Cos’è il bostrico
Il bostrico è un piccolo coleottero naturalmente presente nelle foreste che attacca le piante morte: predilige l’abete rosso (quello più colpito da questa emergenza), ma attacca anche altre specie – come il larice, l’abete bianco e il pino silvestre. Si nutre dell’acqua presente sotto la corteccia dell’albero morto, e passa poi a indebolire le piante ancora in piedi (quelle che sono rimaste indenni dopo la tempesta), scavando delle gallerie sotto la corteggia fino a provocarne la morte. La sua presenza sugli alberi vivi si rende evidente solo quando la pianta inizia ad indebolirsi e seccarsi ed è troppo tardi per salvarla: la condanna a morte è stata già decretata.
Osservando tempeste simili a Vaia che si sono scatenate nel Nord Europa abbattendo migliaia di alberi, i ricercatori dell’Università di Padova avevano già messo in conto una possibile invasione di parassiti: l’abbattimento degli alberi che non sono poi stati rimossi ha creato un habitat ideale alla proliferazione del bostrico, per questo sono state disposte trappole in diverse delle aree colpite. Nel solo Trentino, sin dalla primavera 2019, sono state piazzate 225 trappole per coleotteri che, con l’alto numero di animaletti intrappolati, hanno fornito una cifra del disastro.
Ottomila insetti a trappola è considerato un valore soglia per l’indicazione di una fase epidemica dell’infestazione – si legge nel comunicato diffuso dall’università. – Nel 2020, su tutta la provincia di Trento, le catture sono state circa 8 volte maggiori di quelle dell’anno 2019 con 26.753 insetti a trappola con picchi fino a 16 volte maggiori: 53.704 insetti per dispositivo.
Caratteristiche di un’emergenza
Secondo gli esperti, i focolai di parassiti oggi presenti nelle foreste sono destinati ad espandersi nei prossimi anni, soprattutto se mancano sufficienti interventi di pulizia delle aree ed eliminazione delle piante morte e infestate. Inoltre, l’assenza degli alberi su superfici così ampie rende instabile il terreno e maggiormente soggetto a fenomeni di dissesto idrogeologico. I danni poi, colpiranno anche l’economia: da una parte si assiste ad una diminuzione del turismo locale, a causa di una minore fruibilità del territorio (i sentieri di montagna non sono più sicuri e l’aspetto estetico del bosco è compromesso); dall’altre la risorsa legno diventerà via via più scadente, rappresentando per le economie locali una perdita fino al 60% degli introiti.
(Leggi anche: Tutto sulla cocciniglia tartaruga, il parassita che sta “spezzando” i pini di Roma (e non solo))
Possibili soluzioni
Non è possibile “lasciar fare alla natura” e aspettare semplicemente che l’equilibrio nell’area si ristabilisca da solo: bisogna intervenire su più fronti per provare a fermare questa epidemia degli alberi e ripristinare le funzioni del bosco. Innanzitutto è necessario rimuovere gli alberi abbattuti e quelli infestati dal bostrico prima che le larve si sviluppino e vadano ad attaccare gli alberi sani. Inoltre, sarebbe opportuno piantare altre specie vegetali compatibili con l’ecosistema ma sgradite ai parassiti, in modo da forzarne l’allontanamento senza necessariamente ucciderli.
Nel lungo periodo, poi, bisogna immaginare e pianificare una rinascita del bosco, dando vita ad una struttura forestale idonea a rispondere sia alle epidemie sia alla crisi climatica attraverso la compresenza di alberi di diverse età, specie e funzioni. È possibile supportare economicamente la rigenerazione di questi territori aderendo ad una campagna di crowdfunding promossa dall’università di Padova sul portale WowNature.
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