In Veneto il bosco di Premaor è stato distrutto per far posto ad un vigneto trattato con pesticidi. Vane le proteste delle famiglie dell'area
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In Veneto, nella piccola frazione di Premaor, sorgeva un rigoglioso bosco, dove vivevano diversi uccelli e animali selvatici. Adesso, però, quel bosco che da oltre 50 anni prosperava vicino ad alcune case a schiera non esiste più. L’anno scorso quell’area verde è stata distrutta per far spazio ad un vigneto di circa 8mila metri quadri che preoccupa le famiglie che abitano nella zona. E la preoccupazione è più che legittima, visto che l’uso di pesticidi in un terreno che dista pochissimo dalle abitazioni rappresenta un pericolo per la salute dei residenti.
Per le quattro famiglie che vivono nel piccolo paese delle colline del Conegliano-Valdobbiadene Docg, area Patrimonio dell’Umanità Unesco, l’abbattimento del bosco di Premaor si è rivelato un vero incubo, fatto di telefonate a vuoto, ricorsi, proteste e segnalazioni di irregolarità senza riscontri; fino alla deludente sentenza che si è espressa a loro sfavore. Alla fine, infatti, hanno vinto i proprietari del vigneto e, di conseguenza, i pesticidi.
L’inizio dell’incubo del disboscamento a Premaor
A raccontare la triste vicenda della distruzione del bosco di Premaor è Fabio Magro, uno dei residenti dell’area. E lo fa in una lunga e dettagliata lettera in cui spiega com’è iniziato tutto:
“Per me e per i miei vicini (4 famiglie, 17 persone, 9 minorenni) tutto è inizio lunedì 22 luglio 2019 alle ore 8.00: all’improvviso. Quella mattina veniamo svegliati dalle motoseghe: comincia il taglio del bosco dietro le nostre case, un bosco di più 30 anni, in pieno centro paese, su una collina in forte pendenza (dal 30 al 60%), per sostituirlo con un vigneto che dovrebbe distare circa 10 metri dalle finestre delle camere da letto dei bambini e circa 5 metri dai nostri giardini. Data la minima distanza, unita alla grande pendenza della collina, pare subito chiaro a tutti che le siepi di separazione tra le nostre abitazioni e il vigneto, necessarie per mitigare le derive di pesticidi, sarebbero inutili: dovrebbero essere fittissime e altissime. I proprietari poi sembrano neppure pensarci alle siepi: è spazio sottratto alla vigna, ombra per i filari, infatti non sono previste dai progetti.
Tutto è stato progettato come se noi non esistessimo.”
Da quel momento per le quattro famiglie di Premaor è cominciata una vera e propria odissea con la Pubblica Amministrazione:
“Un’odissea fatta di mancanza di collaborazione e di ostruzionismo a più livelli: difficoltà ad avere l’accesso agli atti, atti ricevuti per tre volte incompleti e richiesti altrettante volte, telefonate a vari enti che non servono a nulla, PEC (svariate PEC) senza risposta, segnalazioni di irregolarità senza riscontri, richieste a Carabinieri Forestali, al Genio Civile, ecc. per sopralluoghi che non sappiamo se siano avvenuti mai…” spiega Fabio Magro, con l’amaro in bocca.
All’odissea legata alla Pubblica Amministrazione se n’è aggiunta un’altra connessa al mondo dei professionisti. Per le famiglie non è stato affatto semplice riuscire a trovare un avvocato disposto perché molti si sono dichiarati incompatibili in quanto lavorano per i comuni dell’area del Prosecco o per il Consorzio Docg. Ancora peggio è andata con la ricerca di un dottore forestale disposto a fare una controperizia. “Alla fine abbiamo trovato il dottore forestale a Pordenone; salvo ritirarsi pure lui il giorno precedente al sopralluogo. – racconta Magro – Con questo sistema ci siamo scontrati: un sistema fatto di convergenze di interessi di portata enorme, a più livelli, che coinvolge operatori del settore, professionisti, enti locali, organi di controllo e di fronte al quale il cittadino si trova disarmato. Il confronto è impari. Ne siamo usciti schiacciati.”
La mobilitazione delle famiglie di Premaor
Nonostante le varie difficoltà e gli ostacoli incontrati sul percorso, le quattro famiglie di Premaor non si sono perse d’animo e hanno continuato a lottare per cercare di ottenere giustizia e tutelare la loro salute e l’ambiente. L’1 agosto del 2019 hanno messo in piedi una manifestazione, sostenuti dal Comitato Marcia Stop Pesticidi, a cui hanno partecipato quasi 500 persone. Poco dopo hanno fondato il gruppo Stop Pesticidi a Miane per sensibilizzare la cittadinanza e le autorità. Ma dalle istituzioni non è giunta nessuna risposta.
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Così, nell’indifferenza totale, a ottobre il vigneto è stato piantato e quella collina tanto amata dai residenti della zona è diventata “una moderna collina sbancata, terrazzata, percorribile da trattori e cosparsa di tombini: un paesaggio industriale nascosto tra i filari.”
E poco dopo la situazione è letteralmente precipitata: “Nel novembre del 2019 è franata una porzione del versante nord del vigneto, provocando la caduta di alberi e materiale vario sul parcheggio della vicina trattoria, per fortuna sgombro di auto. A seguito dell’evento abbiamo presentato richiesta di sospensiva urgente al TAR per il pericolo derivante dall’instabilità del versante. Richiesta respinta.”
Il triste epilogo della vicenda: la sentenza a sfavore dei difensori del bosco
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Dopo mesi di lotta e mobilitazione, ad avere la meglio sono stati i proprietari del vigneto, mentre a farne le spese sono sono state le famiglie, oltre che l’ecosistema:
“La scorsa primavera e la scorsa estate, accanto alle nostre case, sono iniziate le irrorazioni con pesticidi di alcune barbatelle e di un altro vigneto degli stessi proprietari, trattamenti per i quali è stato utilizzato anche il nebulizzatore con testata a cannone; si tratta di un macchinario che produce un getto di pesticidi che arriva a distanza di decine di metri, in modo da raggiungere più filari, producendo anche una abbondante deriva, specie in presenza di vento. Le irrorazioni, inoltre, sono avvenute sempre senza preavviso e senza l’esposizione dei cartelli obbligatori per legge che segnalano il trattamento, le sostanze utilizzate e i tempi di rientro. Abbiamo fatto più esposti al Comune a riguardo, anche con l’aiuto dello Sportello SOS Territorio del Comitato Marcia, senza ottenere nulla.”
Qualche giorno fa per le famiglie di Premaor è arrivata la batosta finale. “Il 7 dicembre 2020 il TAR si è espresso sulla nostra richiesta di annullamento dell’opera. – spiega Fabio Magro – La sentenza è stata a nostro sfavore. Più che una sconfitta è stata una disfatta. Dobbiamo risarcire 2440 euro a Comune, Regione e proprietari del vigneto (totale 7320), più eventuali altre spese processuali (di cui attualmente non abbiamo contezza), più il nostro avvocato da finire di pagare (spesa questa già preventivata). Alla fine di questa storia ogni famiglia avrà speso circa 10.000 euro. Insomma ci hanno bastonato.”
Oltre al danno per la salute delle famiglie e per la distruzione di un ecosistema, la beffa economica. Alla luce di questa triste vicenda, noi di greenMe non possiamo che condividere le parole di Fabio Magro:
“Nessun giudice e nessuna legge umana potrà mai convincermi che sia tagliando i boschi che assicuriamo un futuro al pianeta, che sia tagliando i boschi in centro ai paesi che educhiamo le nuove generazioni al rispetto della natura, che tagliando i boschi nei paesi ci prendiamo cura del benessere dei residenti e tuteliamo gli ecosistemi e la biodiversità. Sappiamo tutti perché vengono tagliati i boschi.”
Fonte: Marcia Stop Pesticidi/Facebook
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