Un ecosistema unico al mondo ma purtroppo in pericolo perché minacciato dalle compagnie petrolifere. Si tratta della barriera corallina amazzonica.
Un ecosistema unico al mondo ma purtroppo in pericolo perché minacciato dalle compagnie petrolifere. Si tratta della barriera corallina amazzonica.
La barriera corallina amazzonica si trova in Brasile, dove Greenpeace ha scattato le prime immagini sottomarine di questo spettacolare ecosistema, unico al mondo e la cui scoperta è stata resa nota solo da pochi mesi.
Si estende per 9500 chilometri quadrati tra la Guyana francese e lo stato brasiliano di Maranhao.
Qui vivono gorgonie, alghe rosse, 73 specie di pesci, aragoste, stelle marine, rodoliti e spugne alte fino a due metri. La ricchezza di biodiversità purtroppo non basta per mettere in salvo la barriera corallina amazzonica, che purtroppo è minacciata da progetti di ricerca di idrocarburi che potrebbero partire qualora il governo brasiliano dovesse concedere le autorizzazioni richieste da compagnie come Total e BP.
La ricerca del petrolio rischia di mettere in pericolo un ecosistema straordinario di cui fino a poco tempo fa non conoscevamo nemmeno l’esistenza.
Gli oceanografi stanno studiando questo ecosistema marino e hanno scoperto che possiede caratteristiche uniche rispetto alla disponibilità e all’uso di luce e alle caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua.
Secondo gli scienziati si tratta di un’area particolare: nessuno immaginava che si potesse sviluppare un simile ecosistema in acque così torbide. L’area ha un grosso potenziale per la scoperta di nuove specie, ed è inoltre molto importante per il benessere economico della comunità di pescatori Quilombola che operano nella zona costiera amazzonica. Al momento meno del 5% di questo ecosistema è stato mappato, ma le ricerche in corso mirano ad aumentare questa percentuale, secondo quanto comunicato da Greenpeace.
Alcune compagnie ora vorrebbero avviare esplorazioni petrolifere nell’area in vista di potenziali trivellazioni. Secondo alcune stime, sotto questi mari ci sarebbero approssimativamente tra i 15 e i 20 miliardi di barili di idrocarburi.
“Dobbiamo difendere il reef e l’intera regione alla bocca del bacino del Rio delle Amazzoni dall’avidità delle multinazionali che pongono i loro profitti prima dell’ambiente”, dichiara Thiago Almeida di Greenpeace Brasile.
Secondo Greenpeace, la ricerca di idrocarburi porrebbe questa area sotto un pericolo costante. Il punto più a Nord dello Stato brasiliano di Amapà, il Cape Orange National Park, ospita il più grande ecosistema continuo di mangrovie e non c’è tecnologia capace di ripulire un tale ecosistema da eventuali sversamenti di petrolio. Inoltre, i rischi legati ad operazioni simili in un ambiente come la bocca del bacino del Rio delle Amazzoni sono accresciuti dalle forti correnti e dai detriti che il fiume porta con sé.
In questa regione – casa di lamantini americani, tartarughe gialle, delfini e lontre di fiume – sono stati finora scavati 95 pozzi. Di questi, 27 sono stati abbandonati a causa di incidenti meccanici, il resto per scarsa convenienza economica.
La speranza è dunque di poter fermare le multinazionali del petrolio nelle loro mire esplorative per l’estrazione di idrocarburi che potrebbe diventare una vera e propria catastrofe per un ecosistema tanto delicato e importante.
Firma qui la petizione per salvare la barriera corallina amazzonica.
Marta Albè
Fonte foto: Greenpeace