La specie umana potrebbe rischiare l'auto-estinzione: un fenomeno che si rivelerebbe unico nella storia delle specie viventi, riducendoci a un semplice esperimento evolutivo. E' il provocatorio risultato di un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Biological Theory da Paolo Rognini del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa.
La specie umana potrebbe rischiare l’auto-estinzione: un fenomeno che si rivelerebbe unico nella storia delle specie viventi, riducendoci a un semplice esperimento evolutivo. È il provocatorio risultato di un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Biological Theory da Paolo Rognini del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa.
In pratica, i nostri crani ospitano cervelli che danno ancora risposte ancestrali, non adattative all’era in cui viviamo. In pratica, alcuni cdei nostri omportamenti sono dei residui di risposte arcaiche, che ci porteranno a distruggere il pianeta e, di conseguenza, noi stessi, realizzando così una versione del tutto inedita dell’evoluzione: l’autoestinzione di una specie.
I nostri problemi? L’eccessiva rapacità nei confronti delle risorse e l’impulso all’espansione.
Cioè ciò che nel Paleolitico ci ha garantito la sopravvivenza. E che oggi, invece, complice il progresso tecnico, porterebbero al sovrasfruttamento delle risorse e alla sovrappopolazione, minacciando così di portare il pianeta Terra verso il definitivo collasso.
Vestigial Drifting Drives, “pulsioni arcaiche alla deriva”
Il nuovo modello – denominato Vestigial Drifting Drives (VDD), letteralmente “pulsioni arcaiche alla deriva” – fa riferimento all’idea che i comportamenti, al pari degli altri caratteri di una specie, subiscono trasformazioni che talvolta sfuggono alla logica della sopravvivenza del più adatto, possono cioè “andare alla deriva”.
“Già Konrad Lorenz negli anni ’70 del secolo scorso – spiega Paolo Rognini – ipotizzò che alcuni comportamenti umani, apparentemente non funzionali, fossero residui di moduli che erano stati adattativi in un passato più o meno remoto, fra cui, ad esempio, le paure irrazionali dell’infanzia o la fobia dei serpenti e dei ragni”.
L’autoestinzione è già avvenuta in passato
La storia mostra che talvolta i gruppi umani – a causa del sovrasfruttamento delle risorse – possono implodere, autoestinguendosi: ciò è accaduto, per esempio, agli Anasazi del Nord America, agli abitanti dell’Isola di Pasqua, ai norvegesi della Groenlandia. Oggi, ciò potrebbe accadere su larga scala viste le dimensioni globali che la crisi ecologica ha assunto.
Ma perché gli esseri umani prelevano più del necessario fino ad esaurire una determinata risorsa? Tra i 2 milioni ed i 50.000 anni fa abbiamo fatto parte integrante dell’ecosistema e, anche se super-predatori, siamo rimasti soggetti al controllo dell’ambiente come tutti gli altri animali. Poi, le regole del gioco sono cambiate: da trasformato, Homo è divenuto trasformatore dell’ambiente e della materia divenendo un super-estrattore. La qualità e la quantità di questa super-estrazione, ha quindi portato ad uno sfrenato sfruttamento delle risorse, da cui il “consumare e fuggire” tipico delle “società tecnologicamente avanzate” e responsabile della cosiddetta “vampirizzazione del pianeta”.
“Gli esseri umani sono depositari di alcuni elementi organici e comportamentali che non sembrano essere cambiati dall’era del Pleistocene – aggiunge Rognini – in questo senso le Vestigial Drifting Drives potrebbero essere una sorta di “software bioculturale” inadatto all’ambiente attuale”. Se non aggiorneremo il software delle nostre false convinzioni come “l’inesauribilità delle risorse”, “l’espansione illimitata della specie” o il “vorace accaparramento di risorse” – conclude Rognini – la specie umana potrebbe rischiare l’auto-estinzione: un fenomeno che si rivelerebbe unico nella storia delle specie viventi, riducendoci a un semplice esperimento evolutivo”.
Roberta Ragni
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