Api: nell’ultimo anno il 33% di alveari negli Usa è andato perduto

Gli apicoltori degli Usa hanno perso il 33% dei loro alveari nel periodo tra aprile 2016 e aprile 2017. Perdite considerevoli, secondo i dati preliminari di uno studio condotto a livello nazionale dalla Bee Informed Partnership, in collaborazione con Apiary Inspectors of America.

Un terzo delle api in meno in un solo anno. Gli apicoltori degli Usa hanno perso il 33% dei loro alveari nel periodo tra aprile 2016 e aprile 2017. Perdite considerevoli, secondo i dati preliminari di uno studio condotto a livello nazionale dalla Bee Informed Partnership, in collaborazione con Apiary Inspectors of America.

Lo studio è iniziato nel 2006-07 e coinvolge sia piccoli apicoltori che apicoltori su scala commerciale, con l’obiettivo di tracciare i tassi di sopravvivenza degli alveari nel tempo. È uno studio condotto da una realtà no profit e i risultati vengono condivisi pubblicamente. Se diamo un’occhiata agli anni precedenti, emerge che le perdite minori sono state registrate nel periodo 2011-12, quando è andato perduto meno del 29% delle colonie, ma quest’anno è andata relativamente meglio di altri anni.

Tuttavia,“se è incoraggiante che le perdite siano state minori rispetto ad altri anni, non si tratta ugualmente di una buona notizia. Una perdita di oltre il 30% di colonie nel giro di un anno è elevata. È difficile immaginare un altro comparto agricolo che con queste perdite riuscirebbe ad andare avanti”, fa notare Dennis vanEngelsdorp, che si occupa di entomologia all’Università del Maryland ed è il project director della Bee Informed Partnership.

Gli apicoltori che hanno risposto al sondaggio (oltre 4900 da 50 Stati) hanno perso in totale il 33,2% delle proprie colonie, facendo registrare un -7,3% rispetto alla precedente indagine, quella del 2015-16, quando si toccava quota 40,5%. In particolare, le perdite in inverno sono scese dal 26,9% al 21,1%, quelle estive dal 23.6% al 18.1%.

Cause degli alveari persi

Secondo i ricercatori sono molti i fattori che hanno causato la perdita di colonie, in primis la presenza di parassiti e patologie. Anche poco nutrimento ed esposizione ai pesticidi hanno un ruolo fondamentale, specialmente nel caso di apicoltori su scala commerciale. A questi fattori principali se ne sommano poi altri secondari, le classiche gocce che fanno traboccare il vaso.

“È un problema complesso. La diminuzione delle perdite è un buon inizio, ma quell 33% non è accettabile, è troppo da sostenere per un apicoltore”, conferma Kelly Kulhanek, studentessa del UMD Department of Entomology, che ha preso parte alla ricerca. Il primo nemico resta il Varroa destructor, un parassita letale che si diffonde facilmente tra le colonie. Nei mesi invernali del 2016 la sua presenza è stata relativamente più bassa negli Usa rispetto ad altri anni, in parte grazie ad una maggiore attenzione e vigilanza e all’utilizzo di prodotti per il controllo, a cui si aggiungono condizioni atmosferiche favorevoli alla messa in atto di questi rimedi. Basti pensare che alcuni prodotti contengono oli essenziali che a temperature troppo elevate non hanno gli stessi effetti; nel 2016 invece le temperature sono state piuttosto miti.

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Conseguenze della moria delle api

Questo studio è fondamentale perché le api e l’apicoltura sono preziose per molti altri settori ed attività. La sopravvivenza di alcune colture, come le mandorle, dipende esclusivamente dall’impollinazione, quindi dalla presenza di api in buona salute. Se proviamo a monetizzare i raccolti che dipendono dall’impollinazione parliamo di 15 mld di dollari di raccolto negli Usa ogni anno. Concludiamo con le parole di Nathalie Steinhauer, studentessa dell’UMD Department of Entomology, che ha raccolto i dati della ricerca e ben riassume il problema: Le api sono buoni indicatori dello stato di salute degli ecosistemi, visto che sono fortemente influenzate dalla qualità dell’ambiente nel quale vivono in termini di biodiversità, contaminanti e pesticidi. Occorre mantenere le api in buona salute e, per fare ciò, è l’ambiente nel quale vivono a dover essere in buona salute, a sua volta”.

Anna Tita Gallo

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