L’evoluzione della vita sociale delle api: una nuova ricerca svela alcuni dettagli che fanno luce sul comportamento degli impollinatori
Dalla morfologia l’evoluzione della loro vita sociale: una nuova ricerca dell’Università di of São Paulo (Brasile) svela alcuni dettagli che fanno luce sul comportamento delle api, quei meravigliosi e indispensabili insetti che troppo spesso dimentichiamo.
Esistono moltissime specie di api diverse e, contrariamente a quello che a volte si ritiene, non tutte vivono in comunità. Oltre 20.000 specie, le cosiddette api solitarie, non vivono nei famigerati alveari e non producono miele, ma sono altrettanto importanti per gli ecosistemi.
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Le api corbiculate, invece, sono specie prevalentemente sociali: il loro nome deriva dalla corbicula, una sorta di cavità sulle zampe posteriori in cui il polline è collocato per il trasporto fino all’alveare, e comprendono api mellifere, api senza pungiglione, bombi e api orchidea.
Tra queste, in realtà, le api mellifere e le api senza pungiglione sono le uniche con comportamenti sociali altamente complessi, come la formazione di grandi colonie con regine, operaie e fuchi.
I bombi mostrano invece una socialità meno complessa e le api orchidea sono per lo più solitarie. Le analisi morfologiche tradizionali hanno da tempo indicato che le api mellifere e le api senza pungiglione sono strettamente imparentate e che il complesso comportamento sociale si è sviluppato nel loro antenato comune prima che i gruppi divergessero.
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Dopo aver condotto per quasi un decennio analisi su quasi 300 tratti morfologici di questi straordinari insetti, i ricercatori dell’Università of São Paulo hanno ora aggiunto nuove informazioni, dissezionando e studiando minuziosamente 53 specie, analizzando le strutture anatomiche sotto i microscopi ottici e elettronici a scansione e infine valutando tutti i campioni in 289 tratti diversi.
Gli studi sono stati dunque confrontati con quelli precedenti che avevano indagato la genealogia con l’ausilio di moderne tecnologie di analisi genetica molecolare, facendo dei confronti tramite i analisi statistiche computerizzate.
I risultati supportano fortemente le precedenti scoperte morfologiche, secondo cui le api mellifere e le api senza pungiglione sono le più strettamente correlate. Ma i ricercatori hanno cercato di esplorare ulteriormente la discrepanza tra ciò che mostra l’analisi genetica molecolare e ciò che i dati morfologici suggeriscono.
È stata dunque condotta un’analisi separata che ha valutato quanto i dati morfologici fossero in grado di adattarsi all’albero evolutivo disegnato sulla base dell’analisi molecolare, dimostrando che le specie Meliponini e Bombini sono le più strettamente correlate.
I dati morfologici ci stanno raccontando una storia e i dati molecolari un’altra – spiega Diego Sasso Porto, primo autore del lavoro – Non andremo da nessuna parte se manteniamo queste discussioni contrastanti. Quindi abbiamo deciso di interpretare lo scenario alternativo con i nostri dati.
È possibile, sostengono i ricercatori, che, se, i bombi e le api senza pungiglione condividono un antenato comune che prima si è diramato dalle api mellifere, queste specie si siano poi rapidamente “separate”, evolvendosi poi in modo divergente per molto più tempo,“oscurando” gradualmente i tratti condivisi.
Inoltre, si ritiene che il primo antenato delle api senza pungiglione fosse relativamente piccolo ed è noto che la “miniaturizzazione” guidi semplificazioni strutturali nei tratti anatomici, che avrebbero ulteriormente contribuito a cancellare le somiglianze tra i bombi e le api senza pungiglione.
Tuttavia queste possibilità non spiegano perché le api senza pungiglione si siano poi evolute per diventare più morfologicamente simili alle api mellifere, ma i ricercatori ritengono che ruoli funzionali simili o comportamenti sociali simili tra le api senza pungiglione e le api mellifere potrebbero averle spinte ad evolversi in modi simili.
È tempo ora di verificare questa ipotesi.
Sarebbe davvero bello avere forse lo stesso set di dati, ma includendo più campioni di fossili, ed eseguire di nuovo le analisi conclude Porto.
Il lavoro è stato pubblicato su Insect Systematics and Diversity.
Fonti di riferimento: Eurekalert / Insect Systematics and Diversity
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