La foresta amazzonica non riesce più ad assorbire CO2 e ha iniziato rilasciarla nell’atmosfera, contribuendo alla crisi climatica
Le foreste hanno finora rappresentato Il polmone verde del nostro pianeta, assorbendo l’anidride carbonica prodotta dall’uomo e fornendo ossigeno, vitale per piante e animali. Purtroppo però, qualcosa in questo meccanismo si è rotto e ora le foreste hanno iniziato a rilasciare nell’atmosfera CO2, contribuendo al riscaldamento globale.
La foresta Amazzonica ha per lungo tempo contribuito, con il suo ecosistema unico al mondo, a ridurre la presenza di CO2 nell’atmosfera del pianeta, ma un nuovo studio suggerisce che la crisi climatica sta intaccando anche la funzionalità del nostro ‘polmone verde’: infatti, la foresta amazzonica non solo non è più in grado di trattenere diossido di carbonio, ma ha addirittura iniziato a rilasciarlo nell’atmosfera, diventando anch’essa fonte di inquinamento dell’aria.
Secondo i ricercatori del National Institute for Space Research (INPE) in Brasile, la foresta amazzonica rilascia nell’atmosfera 0,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica ogni anno – un dato allarmante. È in particolare la regione sudest dell’Amazzonia che in pochi anni è passata dall’essere un assorbitore di CO2 a un produttore: già nel 2010 (un anno particolarmente secco per l’area) si erano registrate alte emissioni di anidride carbonica, ma gli esperti speravano che dopo la siccità i valori potessero rientrare. Una speranza vana, perché la foresta ha continuato ad emettere anidride a causa dei numerosi incendi di cui è stata vittima.
(Leggi anche: Fra 20 anni le foreste potrebbero non essere più in grado di assorbire le nostre emissioni di carbonio. Lo studio)
In Amazzonia, gli alberi della foresta vengono spesso tagliati durante la stagione delle piogge e bruciati nella stagione secca per far posto alle coltivazioni o ai pascoli per il bestiame. Secondo lo studio, le emissioni derivanti dagli incendi sono tre volte superiori alla capacità di assorbimento di CO2 della foresta stessa: se non ci fossero gli incendi, dunque, l’Amazzonia potrebbe tornare ad essere un deposito per la CO2.
Incendi e deforestazione sono stati il filo conduttore della politica del premier brasiliano Jair Bolsonaro, che più di ogni altro presidente del passato si è mostrato insensibile alla questione ambientale e sordo alle preghiere di ambientalisti e di indigeni contro uno sfruttamento delle risorse tanto scellerato. Sotto la sua presidenza, il Brasile ha perso una media si 158 ettari di foresta all’ora (secondo i dati satellitari raccolti da MapBiomas) – un’area grande metà di Central Park a New York. Ma la colpa non è solo degli ultimi pochi anni. La deforestazione in Amazzonia va avanti da decenni, come pure gli incendi (aggravati ora dalla crisi climatica che causano un allungamento delle stagioni secche e periodi di estrema siccità sempre più frequenti).
Negli ultimi anni sempre più studi hanno dimostrato che la capacità della regione amazzonica di assorbire l’anidride carbonica presente nell’aria e trattenerla è andata diminuendo: un’osservazione durata 30 anni e conclusasi nel 2015 ha messo in evidenza come la capacità della foresta amazzonica di assorbire diossido di carbonio stia dimostrando un trend decrescente nel lungo periodo, sia a causa dei cambiamenti nel clima sia per la deforestazione dell’area. Un altro studio, invece, era volto ad attivare un campanello d’allarme di fronte alla tragica situazione dell’Amazzonia – devastata da deforestazione, crisi climatica e incendi che stanno progressivamente trasformando il polmone verde del Pianeta in una savana.
Fonte: Nature
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