La battaglia è durata un intero anno, ma alla fine il popolo indigeno Cofàn ce l’ha fatta vincendo contro la compagnia mineraria che voleva distruggere le terre ancestrali.
La battaglia è durata un intero anno, ma alla fine il popolo indigeno Cofàn ce l’ha fatta vincendo contro la compagnia mineraria che voleva distruggere le terre ancestrali.
Nel gennaio 2018, il popolo indigeno Cofán di Sinangoe in Ecuador, aveva scoperto diverse macchine industriali che estraevano minerali dal letto del fiume Aguarico vicino al Parco Nazionale di Cayambe Coca. Quelle terre ancestrali secondo la costituzione ecuadoriana appartengono proprio alle tribù indigene.
Ma di questo progetto minerario che avrebbe distrutto per sempre il loro habitat naturale e sfollato centinaia di animali, loro non ne erano a conoscenza.
Così il popolo Cofàn ha deciso di non abbassare la testa e di condurre una vera e propria battaglia contro la violazione dei loro diritti. Dopo un anno di tribunali, arriva finalmente la bella notizia: i loro territori non saranno utilizzati per nessun tipo di sfruttamento.
Il tribunale provinciale di Sucumbíos ha ordinato, infatti, che le concessioni già operative e quelle in corso venissero cancellate. Parliamo di ben 324 chilometri quadrati. Grazie a questa sentenza, l’estrazione non sarà consentita in nessuna di quelle aree. Ma non solo, i territori finora distrutti dovranno essere risanati.
“Per anni abbiamo assistito agli invasori che sfruttavano le risorse nel nostro territorio ancestrale senza il nostro consenso, ma oggi diciamo basta”, dice Mario Criollo, leader della comunità Cofán di Sinangoe.
I Cofàn sono un piccolo gruppo etnico che vive in un territorio che deve rimanere incontaminato dalle lobby minerarie perché si trova a due passi dall’Amazzonia ecuadoriana, dove purtroppo ormai lo scenario naturale è sempre più vittima della mano dell’uomo.
Ne parliamo spesso, le tribù indigene devono costantemente lottare per mantenere i loro spazi rivolgendosi a un difensore civico.
“Questa vittoria è un grande risultato per i nostri figli e per le generazioni future, noi dalla nostra parte continueremo a vegliare sulla nostra terra”, chiosa Criollo.
La costruzione di una miniera avrebbe non solo distrutto il territorio, ma compromesso la qualità dell’acqua del fiume che è una delle principali fonti di sostentamento della tribù. Per estrarre i minerali era già partito un processo di deforestazione in un’area di quindici ettari, era stata costruita una strada per favorire l’accesso ai mezzi e si stava già espandendo il timore di sostanze tossiche nel fiume Aguarico, affluente del fiume Napo che sfocia nel Rio delle Amazzoni.
“Il nostro territorio è la nostra vita per questo la lotta è legittima e cruciale per garantire la protezione dei nostri diritti e per mantenere l’integrità delle nostre terre ancestrali. Chiediamo a tutte le comunità dell’Amazzonia ecuadoriana di sostenere questa battaglia e lottare per la difesa dei loro territori”, conclude Lisbeth Narvaez, membro della guardia indigena.
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Dominella Trunfio