Nanospazzini per ‘catturare’ i veleni dall’acqua e dal suolo

Come fare a ripulire l'acqua e il suolo dai veleni che li contaminano? A trovare una nuova soluzione per i terreni contaminati e le acque reflue sono stati gli scienziati del MIT che grazie alle nanoparticelle e ai raggi ultravioletti (UV) sono riusciti ad isolare e ad estrarre una varietà di contaminanti rapidamente

Come fare a ripulire l’acqua e il suolo dai veleni che li sporcano? A trovare una nuova soluzione per i terreni contaminati e le acque reflue sono stati gli scienziati del MIT che grazie alle nanoparticelle e ai raggi ultravioletti (UV) sono riusciti ad isolare e ad estrarre rapidamente una varietà di contaminanti.

Molti inquinanti nell’ambiente resistono alla degradazione dei processi naturali e alterando il sistema ormonale sia dell’uomo che degli animali. La rimozione di questi materiali tossici – tra cui i pesticidi e gli interferenti endocrini come il bisfenolo A (BPA) – con i metodi esistenti è spesso costosa e richiede molto tempo.

Ma gli scienziati del MIT potrebbero aver trovato il sistema per ripulire acqua e terreni da queste sostanze attraverso “nanospazzini”. I ricercatori hanno sintetizzato dei polimeri da un composto ampiamente utilizzato in lassativi, dentifrici e colliri e approvato dalla Food and Drug Administration come additivo alimentare.

Le nanoparticelle ottenute da questi polimeri hanno un nucleo idrofobico e un guscio idrofilo. Ciò significa che all’interno respingono l’acqua ma all’esterno la assorbono. Accade così che in una soluzione di molecole inquinanti le particelle si legano ad esse e dopo essere esposte alla luce ultravioletta perdono il loro strato esterno, unendosi fino a formare dei frammenti più grandi che possono essere facilmente rimossi insieme alle sostanze inquinanti. Una vera e propria trappola.

I due ricercatori, Ferdinand Brandl e Nicolas Bertrand, hanno descritto la loro scoperta come un incidente felice. Inizialmente infatti stavano cercato di sviluppare nanoparticelle da utilizzare come farmaci per le cellule tumorali.

nanoparticelle

Brandl aveva precedentemente sintetizzato dei polimeri in grado di scindersi se esposti alla luce UV. Ma i due scienziati hanno poi concluso che la luce UV sarebbe stata dannosa per tessuti e cellule. Ma poi hanno pensato che essa viene utilizzata per disinfettare l’acqua in alcuni impianti di trattamento. Così hanno pensato a come poter sfruttare la capacità delle loro nanoparticelle.

“Ci è venuta l’idea di utilizzare le nostre particelle per rimuovere le sostanze chimiche tossiche, inquinanti e gli ormoni dall’acqua, perché avevamo visto che le particelle si aggregavano una volta irradiate dai raggi UV spiegano.

Se lasciati soli, questi nanomateriali rimarrebbero sospesi e si disperderebbero in modo uniforme in acqua. Ma se esposti alla luce UV, il guscio esterno “arricchito” dagli inquinanti forma grandi aggregati che possono poi essere rimossi tramite filtrazione, sedimentazione o altri metodi.

I ricercatori hanno utilizzato il metodo per estrarre ftalati dalle acque di scarico; BPA da campioni di carta e idrocarburi policiclici aromatici dal suolo contaminato. Il processo è irreversibile e i polimeri sono biodegradabili, minimizzando i rischi di lasciare prodotti secondari tossici a vagare.

Le applicazioni potrebbero essere tante, dal risanamento ambientale alle analisi mediche. Inoltre, i polimeri sono sintetizzati a temperatura ambiente e non hanno bisogno di essere preparati appositamente per composti specifici.

“Siamo in grado di rimuovere ormoni, BPA e pesticidi tutti presenti nello stesso campione e possiamo farlo in un solo passo.”

Basta infatti una piccola quantità per rimuovere una invece grande quantitativi di sostanze inquinanti.

Francesca Mancuso

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