Nei mesi scorsi gli abitanti della Valle del Liri hanno assistito inermi a una moria di pesci nel fiume Liri, uno dei più importanti corsi d'acqua dell'Italia centro-meridionale.
Non ci voleva molto a capire che in quel tratto il fiume è altamente inquinato, ma adesso a confermarlo è l’indagine annuale condotta da Arpa Lazio, da cui è emersa la presenza di quattro metalli pesanti, di cui alcuni estremamente tossici e inquinanti. Ma non solo, nel fiume sono stati trovati anche tensioattivi e il batterio Escherichia Coli. Insomma, come dimostra anche la recente moria dei pesci, il Liri è tutt’altro che in salute.
I dettagli del monitoraggio
L’indagine di Arpa Lazio, avviata a seguito della morìa di pesci avvenuta lo scorso anno, è stata condotta nel periodo compreso tra agosto 2020 e luglio 2021 in sei punti del fiume Liri, che rientrano nel territorio della provincia di Frosinone. Il monitoraggio è stato svolto con cadenza mensile, su sei stazioni – quattro a Sora e le altre a Isola Liri e Ceprano – identificate in base alla loro posizione, alla densità di popolazione e ai punti di segnalazione delle criticità.
A seguito dell’indagine, sono stati rilevati ben 4 metalli pesanti, di cui alcuni molto inquinanti:
- Alluminio
- Arsenico
- Nichel
- Ferro
Inoltre, i ricercatori hanno trovato tensioattivi (di origine industriale e domestica) in tutte le stazioni analizzate, seppur in concentrazioni minime.
I tensioattivi sono stati rilevati, sebbene in basse concentrazioni, in tutte le stazioni di campionamento nei mesi di Novembre e Dicembre 2020, Gennaio, Aprile e Giugno 2021. – si legge nel report – Sono state riscontate le concentrazioni massime con il campionamento di Aprile 2021 nelle stazioni F1.35 bis e quater.
Infine, dall’analisi delle acque del Liri è emersa la presenza del batterio Escherichia Coli che – come ricorda Arpa Lazio – è indicatore di contaminazione fecale di origine agricola, zootecnica e da reflui di depurazione.
I dati relativi ad E. coli presentano andamenti confrontabili tra le campagne mensili di campionamento. – spiega l’ente pubblico – In particolare si evidenzino concentrazioni crescenti considerando le stazioni da Liri-Garigliano 1 a Liri Garigliano 1quater. Su quest’ultima sono stati registrati i valori più elevati in quasi tutte le campagne e nel mese di Agosto 2020 il valore maggiore in assoluto con 35000 u.f.c./100ml. In ogni campagna di campionamento si registra nella stazione più a valle, Liri-Garigliano 2, una diminuzione drastica della concentrazione del parametro. In relazione ai valori medi di concentrazione rilevati nei precedenti cicli di monitoraggio sulle stazioni appartenenti alla rete di monitoraggio regionale, si evidenziano valori medi confrontabili rispetto a quelli
osservati nell’anno d’indagine.
Ma a cosa è dovuto tale livello di inquinamento nel Liri?
“Viste anche le risultanze dei monitoraggi condotti nelle annualità precedenti, appare presumibile ricondurre talune criticità che si manifestano sull’alto-medio bacino del Fiume Liri al recapito di apporti in alveo, eventualmente episodici, scarsamente depurati” chiarisce Arpa Lazio, che ha già annunciato di aver programmato attività di monitoraggio per i successivi sei anni nel fiume Liri, finito sotto i riflettori per la morìa dei pesci. Una situazione analoga si è verificata qualche settimana fa anche nel Tevere, dove a fine agosto sono comparse centinaia di carcasse di pesci. Uno scenario davvero macabro.
Ma studi e monitoraggio non basteranno a salvare a salvare i fiumi del Lazio e il loro delicato ecosistema! C’è bisogno di azioni concrete per proteggerlo davvero.
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Fonte: ARPA Lazio
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