Profughi ambientali: 157 milioni di persone costrette a spostarsi per il clima estremo

In vista del summit sul clima che si terrà a Parigi il prossimo dicembre WWF, Focsiv e CeSPI hanno prodotto un nuovo REPORT che analizza la relazione tra cambiamento climatico globale e fenomeni migratori

Cambiamenti climatici e migrazioni: il nesso è più forte di quanto si pensi. Alla base dei flussi migratori, infatti, non ci sono soltanto guerre, ma anche i , eventi che costringono milioni di persone ad abbandonare le proprie case e i propri territori di origine.

Così, se già da tempo è stata coniata la tragica denominazione di “ecoprofughi”, oggi associazioni come Cespi, Focsiv e Wwf chiedono alle istituzioni, alla vigilia della Cop21 di Parigi, di riconoscere i diritti di chi fugge dai disastri ambientali creati dai cambiamenti climatici.

E lo fanno attraverso il rapporto nel rapporto “Migrazioni e cambiamento climatico” che snocciola dati alquanto gravi: dal 2008 al 2014, oltre 157 milioni di persone sono state costrette a spostarsi per eventi meteorologici estremi, soprattutto tempeste e alluvioni.

Tra il 2008 e il 2014, secondo IDMC (Internal Displacement Monitoring Centre), queste hanno infatti rappresentato l’85% della cause, seguite dai terremoti. Sempre l’IDMC ha calcolato che oggi le persone hanno il 60% in più di probabilità di dover abbandonare la propria casa di quanto non ne avessero nel 1975.

Aumento delle temperature dell’aria e della superficie dei mari, cambiamento delle precipitazioni in frequenza e intensità, innalzamento del livello dei mari causato dalla fusione dei ghiacci eventi “regionali” come Nino e monsoni asiatici stanno portando all’intensificazione della competizione tra popolazioni, Stati e imprese per il controllo e l’utilizzo delle risorse naturali che potrebbe causare conflitti e quindi provocare delle migrazioni forzate.

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Lo scenario più estremo dell’ultimo rapporto dell’IPCC prevede entro il 2100 un incremento dell’innalzamento del livello dei mari di 98 centimetri. James Hansen, climatologo già direttore del Goddard Institute for Space Studies (GISS) della NASA, prevede un possibile aumento del livello del mare di 5 metri entro 50 anni, se si raggiungessero e superassero i 2° Centigradi di aumento della temperatura.

Ciò potrebbe portare alla perdita della maggior parte delle città costiere e, per i piccoli stati insulari e le regioni dei delta dei fiumi, a conseguenze catastrofiche, soprattutto se si associa l’innalzamento delle acque all’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi come i tifoni.

Con un aumento delle temperature di 4 gradi, a rischio sarebbero il Mediterraneo, il Nord Africa e il Medio Oriente, ma anche i paesi dell’America Latina e i Caraibi, e a essere colpite anche tutte le attività economiche umane, a partire dall’agricoltura.

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Da qui, risulta semplice prevedere che questo porterà intere popolazioni a subire enormi difficoltà nel soddisfacimento dei bisogni elementari, soprattutto se alla scarsità delle risorse e alla gravità dei fenomeni meteorologici estremi si assoceranno conflitti per il controllo delle risorse, aumento della violenza e disgregazione sociale.

Come se non bastasse, gli effetti del cambiamento climatico interagiscono anche con altre variabili, tipo quelle socio-economiche, le politiche di uso del suolo e di gestione della risorsa idrica. Le dannate cementificazione e le smisurate pratiche agricole riducono la capacità del terreno di assorbire l’acqua, e pongono le premesse per migrazioni forzate.

Il report, infine, individua 5 “forme” di spostamento: migrazioni di carattere internazionale; a carattere permanente e di spostamento di interi nuclei familiari; sfollati interni e profughi a livello internazionale a causa di calamità naturali improvvise (il caso limite delle piccole isole del Pacifico, Kiribati o Tuvalu); ricollocazione di intere comunità per ridurre la loro esposizione a grandi rischi naturali e climatici.

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COSA FARE? CeSPI, FOCSIV e WWF Italia chiedono alle istituzioni e propongono alla società civile una riflessione sugli strumenti legali internazionali: affinché non siano discriminanti verso le persone in difficoltà o che hanno necessità di spostarsi, ma riconosca i diritti a chi fugge dai sempre più frequenti disastri ambientali causati dai cambiamenti climatici. Quello che servirebbe è creare nuovi regimi dei flussi a livello regionale fondati sul riconoscimento dei diritti dei migranti, integrati nei piani di adattamento al cambiamento climatico.

Pellegrinaggio

I cambiamenti climatici, le ricadute sulle popolazioni più vulnerabili e le conseguenti migrazioni sono al centro del pellegrinaggioUna Terra. Una Famiglia Umana / People’s Pilgrimage” organizzato da FOCSIV – Volontari nel Mondo, per la tappa italiana, e guidato da Yeb Sano, ex – ministro ed ex-negoziatore per i cambiamenti climatici della Repubblica delle Filippine, che sta attraversando, in questi giorni, l’Italia alla volta di Parigi per la Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima (COP21) di dicembre. Il pellegrinaggio per le tappe italiane è sostenuto dalla Coalizione Italiana per il Clima, di cui il WWF è parte (tutte le informazioni le trovate qui).

Germana Carillo

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