Gli organismi marini sono sempre in più in pericolo per l’inquinamento causato dai rifiuti di plastica e in particolare dalle microsfere presenti in cosmetici e detersivi. La plastica ingerita da pesci e frutti di mare può risalire la catena alimentare e arrivare nel nostro piatto.
Gli organismi marini sono sempre in più in pericolo per l’inquinamento causato dai rifiuti di plastica e in particolare dalle microplastiche presenti in cosmetici e detersivi. La plastica ingerita da pesci e frutti di mare può risalire la catena alimentare e arrivare nel nostro piatto.
La denuncia arriva dal nuovo rapporto di Greenpeace “La plastica nel piatto, dal pesce ai frutti di mare”, realizzato dai laboratori di ricerca dell’associazione ambientalista che raccoglie i più recenti studi scientifici sull’impatto ambientale delle microplastiche.
La presenza di frammenti di plastica negli oceani è un problema noto da tempo ma in crescita esponenziale. Una volta in mare, gli oggetti di plastica possono frammentarsi in pezzi molto più piccoli, e diventare microplastica. Un caso a parte sono le microsfere: minuscole sfere di plastica realizzate apposta per essere usate in numerosi prodotti domestici (cosmetici e altri prodotti per l’igiene personale).
“Una mole crescente di prove scientifiche mostra che le microplastiche possono generare gravi conseguenze sugli organismi marini e finire nei nostri piatti. Un bando alla produzione di microsfere è, per il Governo e il Parlamento, la via più semplice per dimostrare attenzione agli effetti dell’inquinamento del mare e ai relativi rischi per la salute umana anche se è solo un primo passo per affrontare il gravissimo problema della plastica nei nostri oceani” – afferma Giorgia Monti, responsabile Campagna Mare di Greenpeace Italia.
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Come mai le microsfere di plastica sono così pericolose e inquinanti?
Greenpeace spiega che una volta arrivate al mare, le microplastiche possono sia assorbire che cedere sostanze tossiche ed è dimostrato che vengono ingerite da numerosi organismi: pesci, crostacei, molluschi. Purtroppo, non ci sono ancora ricerche sufficienti a definire con certezza gli impatti sulla salute umana ma i dati disponibili confermano la necessità di applicare con urgenza il principio di precauzione, vietando la produzione di microsfere e definendo regole stringenti per ridurre in generale l’utilizzo di plastica. Si stima che ogni anno arrivino in mare otto milioni di tonnellate di plastica: che siano microsfere o frammenti dovuti alla degradazione di altri rifiuti (imballaggi, fibre o altro).
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È dunque davvero importante che le aziende che le utilizzano mettano subito al bando le microsfere di plastica e che, se proprio occorre, le sostituiscano con delle alternative non inquinanti. Nel frattempo noi possiamo fare a meno di acquistare dentifrici, scrub e altri prodotti che contengano microplastiche.
Leggi qui il rapporto di Greenpeace sull’impatto ambientale delle microplastiche.
Marta Albè