Nel Mediterraneo “navigano” strisce di rifiuti lunghe fino a 20 chilometri, l’amara verità grazie ad una mappa ricostruita con i satelliti

Una ricerca guidata dall’Università di Cadice (Spagna), ha ricostruito con i satelliti una mappa dei rifiuti sparsi nel Mediterraneo. E il risultato è davvero amaro: il mare nostrum ospita montagne di sgraditi rifiuti, che formano strisce lunghe fino a 20 chilometri

Desolanti distese di rifiuti popolano il Mediterraneo: una ricerca guidata dall’Università di Cadice (Spagna), ha ricostruito con i satelliti una mappa che dimostra come questi sgraditi ospiti formino strisce lunghe fino a 20 chilometri.

I satelliti sono un’oggettiva speranza per il monitoraggio dell’inquinamento marino da plastica e non è infatti la prima volta che vengono usati a questo scopo. Ma la quantità di plastica sulla superficie del mare raramente è abbastanza elevata da generare un segnale rilevabile dallo spazio.

Come spiegano i ricercatori, per ottenere una visualizzazione affidabile è quindi generalmente necessario che la plastica e altri detriti galleggianti si aggreghino in dense zone di almeno una dozzina di metri. Queste “macchie di rifiuti” sono chiamate tracce, solitamente hanno la forma di filamenti e si formano a causa delle correnti marine superficiali.

Pertanto, a dispetto del nome, il rilevamento di una scia di rifiuti è indicativo di un’elevata contaminazione in un determinato luogo e in un momento specifico, ma l’utilizzo di queste distese di rifiuti disperse ed effimere come base per lo sviluppo di una missione spaziale dedicata al monitoraggio globale dell’inquinamento da plastica ha sollevato seri dubbi.

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strisce rifiuti nel mediterraneo mappa satelliti

©Nature Communications

La rilevanza e il significato di queste piccole macchie di rifiuti galleggianti erano sconosciuti

spiega Andrés Cózar, primo autore della ricerca

Non era noto, infatti, se l’abbondanza di corsi d’acqua fosse sufficiente per tracciare mappe o per rivelare tendenze nel tempo. Ma ora questa ricerca ha verificato l’utilità delle tracce come indicatori dei rifiuti marini nel Mar Mediterraneo.

Utilizzando una serie storica di immagini satellitari raccolte in un periodo di sei anni, i ricercatori hanno esplorato il Mar Mediterraneo alla ricerca di tracce di rifiuti ogni tre giorni con una risoluzione spaziale di 10 metri, analizzando circa 300.000 immagini.

In particolare si sono serviti dei Sentinel-2 del programma Copernicus dell’Unione Europea, i cui sensori, sebbene non progettati per il rilevamento dei rifiuti, hanno una certa capacità di rilevare la plastica.

strisce rifiuti nel mediterraneo mappa satelliti

©Nature Communications

Cercare aggregati di rifiuti grandi diversi metri sulla superficie dell’oceano è come cercare aghi in un pagliaio

spiega Manuel Arias, coautore del lavoro

Per questo è stato indispensabile l’uso di supercomputer e algoritmi di ricerca avanzati per rendere “automatica” la ricerca.

Risultato? Nel Mediterraneo “navigano” migliaia di tracce di rifiuti, molte delle quali lunghe più di un chilometro e alcune lunghe fino a 20 chilometri, dati più che sufficienti per generare la mappa dell’inquinamento dei rifiuti marini più completa mai realizzata fino ad oggi.

Il rilevamento dei rifiuti con un satellite non specializzato ha permesso di identificare le zone più inquinate del Mediterraneo e di sapere come cambiano ogni settimana e nel corso degli anni

precisa Cózar

Il lavoro ha anche permesso di comprendere il vero significato delle tracce dei rifiuti: infatti è ormai noto che essi sono legati principalmente alle emissioni di rifiuti terrestri avvenute nei giorni precedenti e questo rende i percorsi particolarmente utili per il monitoraggio e la gestione del problema.

Gli autori del lavoro ne hanno illustrato l’applicabilità con casi reali e valutato l’efficacia dei piani d’azione contro i rifiuti nel fiume Tevere, nel suo passaggio a Roma. Inoltre, hanno individuato le fonti di contaminazione legate al trasporto marittimo attraverso il Canale di Suez (Egitto) e hanno utilizzato le osservazioni satellitari per guidare gli sforzi di pulizia nelle acque del Golfo di Biscaglia (Spagna).

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Lo strumento è ora pronto per essere utilizzato in altre regioni, e sono convinto che ci insegnerà molto sul fenomeno dell’inquinamento dei rifiuti sul pianeta – conclude Arias – Ci sono ancora aspetti che possono essere migliorati

strisce rifiuti nel mediterraneo mappa satelliti

©Nature Communications

Infatti il sensore utilizzato in questo test non è stato progettato per rilevare la plastica.

La capacità di rilevamento migliorerebbe enormemente se decidessimo di mettere in orbita un sensore appositamente progettato per la plastica

fa eco Cózar.

L’idea di monitorare l’inquinamento dei rifiuti marini dai satelliti si rivela non solo fattibile, ma anche molto promettente, anche per questioni che vanno oltre la plastica. Un sensore specificatamente dedicato al rilevamento e all’identificazione di oggetti galleggianti di un metro di dimensione potrebbe essere utile anche in questioni rilevanti come la perdita di carico sulle navi, le fuoriuscite di petrolio o le attività di ricerca e salvataggio in mare.

Il lavoro è stato pubblicato su Nature Communications.

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Fonti: Università di Cadice / Nature Communications

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