La massa prodotta dall'uomo sulla terra con cemento, plastica e altri materiali sta per superare la massa vivente del pianeta
Riuscite ad immaginare quanta possa essere la massa di materia vivente presente sul nostro pianeta? Probabilmente è difficile, considerando le dimensioni della Terra. Pensate però che ora la produzione di materiali fabbricati dall’uomo, ovvero cemento, metallo, plastica, mattoni e asfalto è pari (ma sta per superare) la biomassa naturale del nostro pianeta.
A sostenerlo è uno studio condotto da un team del Weizmann Institute of Science a Rehovot (Israele) e guidato da Ron Milo, che mostra come l’attività umana, in particolare la produzione di cemento, metallo, plastica, mattoni e asfalto, abbia portato il mondo a un punto cruciale in cui la massa prodotta dall’uomo, guidata principalmente da un maggiore consumo e sviluppo urbano, sta per superare la biomassa vivente complessiva sulla Terra.
In pratica, la massa di tutto ciò che le persone hanno costruito e realizzato, dai marciapiedi di cemento ai grattacieli di vetro, dal metallo alle bottiglie di plastica, vestiti e computer, è ora più o meno uguale alla massa degli esseri viventi sulla Terra ma potrebbe superarla già entro la fine di quest’anno.
Per arrivare ad affermare ciò i ricercatori hanno esaminato i cambiamenti nella biomassa globale e nella massa prodotta dall’uomo dal 1900 ad oggi, calcolando le stime del peso a secco, esclusa l’acqua.
Per il prodotto dell’attività umana si è considerata la massa incorporata in oggetti solidi (rifiuti esclusi). Le categorie dominanti nell’analisi erano le masse artificiali sotto forma di edifici e infrastrutture, composte da calcestruzzo, aggregati, mattoni e asfalto. Per quanto riguarda la biomassa globale, invece, la maggior parte è rappresentata da piante e arbusti.
All’inizio del XX secolo, la massa di oggetti prodotti dall’uomo era pari a circa il 3% della biomassa totale del pianeta. Ma nel 2020, la massa creata dall’attività umana ha raggiunto circa 1,1 teratonnellate.
La quantità di plastica, da sola, è maggiore della massa di tutti gli animali terrestri e le creature marine messe insieme. Sono questi i risultati sconvolgenti dello studio pubblicato su Nature.
L’aumento della massa prodotta dall’uomo ha, inevitabilmente, anche un impatto sulla biomassa vegetale:
“Dalla prima rivoluzione agricola, l’umanità ha più o meno dimezzato la massa delle piante. Mentre l’agricoltura moderna utilizza una superficie crescente per la coltivazione dei raccolti, la massa totale delle colture domestiche è ampiamente controbilanciata dalla perdita di massa vegetale derivante dalla deforestazione, dalla gestione delle foreste e da altri cambiamenti nell’uso del suolo. Queste tendenze nella biomassa globale hanno influenzato il ciclo del carbonio e la salute umana”.
E tutti in qualche modo contribuiamo in quanto, in media, ogni persona al mondo è responsabile della creazione di materia artificiale pari a più del proprio peso corporeo ogni settimana.
Questo genere di “impronta” dell’uomo sul pianeta è aumentata rapidamente dall’inizio del XX secolo, raddoppiando ogni 20 anni.
Dal 1900 la biomassa complessiva è leggermente diminuita, mentre la massa prodotta dalle attività umane è aumentata rapidamente fino a raggiungere un tasso di produzione di oltre 30 gigatonnellate (30.000.000.000 di tonnellate) all’anno. Se si continua di questo passo, il peso del nostro impatto supererà le 3 teratonnellate entro il 2040.
I ricercatori sostengono quindi la proposta di nominare l’epoca che stiamo vivendo come Antropocene, dato che le principali modifiche territoriali, strutturali e climatiche sono attualmente opera dell’uomo.
“La faccia della Terra nel XXI° secolo è influenzata in modo senza precedenti dalle attività dell’umanità e dalla produzione e accumulazione di oggetti di fabbricazione umana”, affermano i ricercatori.
C’è sempre più disequilibrio tra natura e uomo e tale situazione non può essere in nessun caso una buona notizia. Non è difficile immaginare perché il clima sia alterato e tantissime specie sono sull’orlo dell’estinzione.
Fonti: The Guardian / National Geographic / Nature
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