Per rispondere a una improvvisa richiesta, due anni fa fu tralasciata la qualità di quei prodotti acquistati. E il danno è servito
Entro la fine di marzo saranno mandate al macero, e probabilmente bruciate, tutte le mascherine comprate nel 2020 dalla struttura commissariale per l’emergenza coronavirus. Si tratta per lo più mascherine in tessuto, comprate di fretta e furia, con una scarsa capacità di filtrare l’aria e non certificate.
Sono ben 218 milioni e 500mila e per quelle bisognerà anche pagare affinché siano distrutte, mentre per altre si spera possa presentarsi un compratore, magari intenzionato a riciclarne il materiale per altre destinazioni.
Leggi anche: Mascherine fornite a scuola inutilizzabili? Idee ingegnose per non buttarle
Le mascherine, chiamate di “comunità”, erano state acquistate con la gestione del commissario Domenico Arcuri, che si ritrovò “a fronteggiare la sempre più massiva richiesta di dispostivi” in Italia, sostituito poi da Francesco Figliuolo a marzo 2021.
Nei primi mesi dell’epidemia, Arcuri dovette far fronte a una grave carenza di mascherine a causa della notevole richiesta e la struttura commissariale riuscì allora a comprarne milioni grazie ad alcuni intermediari che avviarono canali commerciali con aziende estere, soprattutto cinesi. L’approvvigionamento di mascherine continuò nei mesi successivi per rifornire scuole, uffici pubblici, comuni.
Allora furono reperiti in fretta almeno 218 milioni di mascherine di “comunità” prive di certificazioni e meno efficaci di quelle chirurgiche. Quei dispositivi però, spiega Figliuolo nella determina, non sono mai stati richiesti, né dalle regioni, né dagli altri enti convenzionati» e «oggi non trovano più nessuna possibilità di impiego.
QUI la determina per intero.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Fonte: Governo
Leggi anche: