Legambiente presenta la mappa del rischio climatico nelle città italiane, con l'obiettivo di capire dove e come l’intensità e l’andamento delle piogge, gli episodi di trombe d’aria e delle ondate di calore, che stanno assumendo caratteri nuovi e andranno ad aumentare a causa dei cambiamenti climatici, hanno provocato impatti significativi nel Paese
I cambiamenti climatici stanno ferendo pesantemente il nostro Belpaese. Solo negli quattro anni l’Italia ha conosciuto sulla sua pelle gli effetti del clima che cambia. 112 gravi fenomeni meteorologici dal 2010 ad oggi che hanno provocato pesanti danni al territorio urbano della nostra bella Italietta. E disastri annessi e connessi.
In occasione della COP20, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Lima, Legambiente presenta lamappa del rischio climatico nelle città italiane. Lo scopo è di comprendere l’intensità e l’andamento delle piogge e dove siano particolarmente rilevanti e gli episodi di trombe d’aria e delle ondate di calore, destinate tra l’altro ad aumentare a causa proprio dei cambiamenti climatici.
La mappa del rischio climatico di Legambiente, quindi, vuole raccogliere tutte le informazioni sui danni provocati in Italia dai fenomeni climatici dal 2010 ad oggi, con particolare attenzione alle città. Nella mappatura, ad ogni episodio sono associate informazioni che riguardano sia i danni sia gli episodi già avvenuti nel comune, in modo da individuare le aree a maggior rischio, registrare dove e come i fenomeni si ripetono con maggiore frequenza e analizzare gli impatti provocati.
“Proprio le aree urbane devono diventare oggi la priorità di politiche che tengano assieme prevenzione del dissesto idrogeologico e adattamento ai cambiamenti climatici – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini. Politiche che attualmente viaggiano completamente separate e seppure il tema del dissesto è affrontato oggi da una task force presso la presidenza del Consiglio, il cambiamento nella dimensione dei fenomeni climatici è tale da far apparire inadeguata anche questa impostazione“.
AREE URBANE – Quello che ahimè bisogna constatare è che ancora nulla si sta muovendo per arrivare all’approvazione del piano nazionale, ossia all’adozione di uno strumento che dovrebbe finalmente consentire di avviare interventi concreti utilizzando anche la spesa dei fondi europei da parte delle Regioni (fondi che rischiano addirittura di rimanere inutilizzati). Tra l’altro, proprio le aree urbane sono in Italia quelle a maggior rischio e per questo Legambiente auspica che si arrivi quanto prima ad approvare dei veri e propri Piani Clima per affrontare le emergenze e fissare le strategie di adattamento dei quartieri. E non c’è quasi più tempo, se si considera che l’Italia è un Paese dove l’81,2 % dei comuni sorge in aree a rischio e quasi 6 milioni di persone abitano in zone a forte rischio idrogeologico. In più, tra il 1944 ed il 2012 sono stati spesi 61,5 miliardi di euro solo per i danni provocati dagli eventi estremi.
LA MAPPA – Tra le informazioni registrate nella Mappa, ci sono tutti i fenomeni recenti descritti con i relativi danni e le vittime. Gli 80 comuni dove si sono registrati in questi anni gli impatti maggiori, suddivisi secondo categorie principali (allagamenti, frane, esondazioni, danni alle infrastrutture, al patrimonio storico, provocati da trombe d’aria o da temperature estreme); i luoghi dove questi fenomeni si sono verificati più di una volta e i dati relativi agli stop a metropolitane e treni urbani nelle principali città italiane (10 giorni a Roma, 9 giorni a Milano, 8 a Genova, 6 a Napoli, 5 a Torino), con tutte le conseguenze sul traffico urbano e la vita delle persone. In più, sono stati registrati anche i giorni di black out elettrici (38 solo dovuti al maltempo) e informazioni sulla quantità e l’intensità dei fenomeni di pioggia, oltre a tutti i danni ai beni archeologici e al patrimonio storico culturale del nostro Paese.
La conclusione? Tutti o quasi tutti progetti che sinora sono stati portati avanti sono inadeguati. Che non sia più il caso semplicemente di alzare argini o deviare fiumi è chiaro da tempo, eppure sembra davvero complicato, qui in Italia negli anni 2000, pensare e ripensare ad approcci diversi, a nuove strategie e a più efficaci politiche urbanistiche e infrastrutturali.
Dalla mappa, e non solo, emerge evidente la necessità di un cambio radicale nella progettazione delle infrastrutture, nella gestione e nella messa in sicurezza. Per evitare, almeno, quelle 138 vittime in quattro anni.
Germana Carillo
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