Dal dossier annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in Italia emerge (ancora!) un 2018 da codice rosso per la qualità dell’aria.
Maglia nera a Brescia, Lodi e Monza, ma sono ben 55 i capoluoghi di provincia che nel 2018 hanno superato i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o l’ozono
Quanto sono inquinate le città italiane? Torna a fare il punto della situazione il dossier Mal’aria 2019 di Legambiente, secondo cui nel nostro Paese si continua a prediligere l’auto privata come principale mezzo di spostamento. In giro ce ne sono ben 38 milioni, per il 65,3% degli spostamenti, che rendono l’aria irrespirabile sia d’inverno che in estate.
Diciamo che vogliamo stare meno al volante e invece l’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di motorizzazione (con una media di circa 65 auto ogni 100 abitanti). Una enormità se si considera che a Parigi, a Londra e a Berlino si contano in media 36 auto per 100 abitanti, a Barcellona 41, a Stoccolma e Vienna 38.
Insomma, dal dossier annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in Italia emerge un 2018 da codice rosso per la qualità dell’aria, segnato anche dal deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia europea sulle procedure di infrazione per la qualità dell’aria e che ci costerà multe salate.
Il dossier
Secondo il rapporto, nel 2018 in 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l’ozono). In 24 dei 55 capoluoghi il limite è stato superato per tutti e due i parametri, con la conseguenza per i cittadini di aver respirato aria inquinata per almeno 4 mesi nell’anno. La città che lo scorso anno ha superato il maggior numero di giornate fuorilegge è Brescia (Villaggio Sereno) con 150 giorni (47 per il Pm10 e 103 per l’ozono), seguita da Lodi con 149 (78 per il Pm10 e 71 per l’ozono), Monza (140), Venezia (139), Alessandria (136), Milano (135), Torino (134), Padova (130), Bergamo e Cremona (127) e Rovigo (121).
Tutte le città capoluogo di provincia dell’area padana (tranne Cuneo, Novara, Verbania e Belluno) hanno superato almeno uno dei due limiti. La prima città che non si trova in pianura padana è Frosinone, nel Lazio, con 116 giorni di superamento (83 per il Pm10 e 33 per l’ozono), seguita da Genova con 103 giorni (tutti dovuti al superamento dei limiti dell’ozono), Avellino con 89 (46 per il Pm10 e 43 per l’ozono) e Terni con 86 (rispettivamente 49 e 37 giorni per i due inquinanti).
In più, nello specifico, nel 2018, 26 le città hanno oltrepassato il limite quotidiano del Pm10 fissato per legge a 50 μg/mc, come media giornaliera, da non superare per più di 35 giorni l’anno. Le città più critiche per le polveri sottili: Torino (Rebaudengo) con 87 giorni, Frosinone (scalo) con 83 e Lodi (Vignati) con 78. Per quanto riguarda l’ozono, nel 2018, 53 sono stati i capoluoghi di provincia che hanno superato il limite di 25 giorni con una media mobile sulle otto ore superiore a 120 microgrammi per metro cubo. Genova e Brescia le città peggiori per questo inquinante con 103 giorni, seguite da Monza (89), Lecco (88), Bergamo (85), Piacenza (80), Varese (78), Alessandria (77) e Venezia (76).
Città inquinate, inquinatissime quindi, che si trovano soprattutto al Nord.
Come uscire dall’emergenza smog?
Da Legambiente arriva una proposta: realizzare in primis un Piano Nazionale contro l’inquinamento con misure strutturali ed economiche di ampio respiro e ripensare l’uso di strade, piazze e spazi pubblici delle città, creando “zone 30” e nuovi spazi verdi nei centri urbani. Ridurre, inoltre, il tasso di motorizzazione (per esempio prevedendo un bonus di rottamazione per chi vuole rottamare l’auto inquinante senza acquistarne una nuova) e incentivare la mobilità sostenibile, potenziando il trasporto pubblico locale, urbano e pendolare, prevedendo ampie rete ciclabili e introducendo target di mobilità vincolanti in tutte le città italiane.
Come fatto in Inghilterra, dicono da Legambiente, “bisogna realizzare zone centrali a pedaggio (come Area C a Milano) e più vaste zone a emissioni limitate (Low Emission Zone), con pedaggi piuttosto elevati di ingresso per i veicoli più inquinanti; inoltre occorre implementare una differente politica tariffaria sulla sosta. Infine il Governo deve riprendere il lavoro di consultazione delle parti sociali e varare un vera e propria Roadmap mobilità sostenibile al 2030 e 2050 con l’obiettivo della completa decarboniozzazione (emissioni zero) del settore”.
Uscire dalla cappa dello smog cittadino insomma si può, basta solo tener presente la priorità della nostra salute e, soprattutto, di quella delle generazioni che verranno.
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Germana Carillo