Alcuni scienziati stanno lottando per proteggerla dalla deforestazione e dalla caccia, scoprendo nuove specie e ispirando un modello di conservazione basato sulla comunità
Incastonata tra le montagne del Mozambico settentrionale, con i suoi 75 chilometri di estensione, Mabu è la più grande foresta pluviale dell’Africa meridionale.
Chiamata “isola del cielo” per la sua posizione, sopra le pianure del Mozambico, custodisce segreti millenari: lontana dagli occhi del mondo, questa foresta è stata a lungo un rifugio esclusivo per creature uniche e un ecosistema fragile.
Mabu, paradiso naturale e, insieme, laboratorio a cielo aperto per scienziati e ambientalisti è stata scoperta solo vent’anni fa, grazie alle spedizioni guidate da Julian Bayliss, esploratore ed ecologo.
Osservando le immagini satellitari della parte settentrionale del Mozambico, Bayliss notò una macchia verde fino ad allora sconosciuta.
Da quel momento, iniziò a rivelare a tutto il mondo una straordinaria varietà di specie viventi ancora sconosciute alla scienza.
Da quel momento, il professore ha scoperto oltre 25 nuove specie di camaleonti, farfalle e serpenti, ma anche nuovi scarabei stercorari, pesci d’acqua dolce e piccoli mammiferi che devono ancora essere riconosciuti ufficialmente.
L’isolamento geografico della foresta ha impedito agli animali che la abitano di incontrare e riprodursi con alte specie: in questo modo, ha spiegato Jonah Fishe, giornalista della Bbc che ha visitato la foresta, aumentano le probabilità che possano evolvere in qualcosa di unico e nuovo per la scienza.
In ogni caso, il processo di identificazione definitiva di una nuova specie potrebbe durare anche anni. Questo perché implica e richiede la stesura di un articolo sottoposto a revisione paritaria su una rivista in cui le differenze tra la nuova scoperta e i suoi parenti più prossimi vengono delineate e accettate da altri scienziati.
La corsa contro il tempo per salvare Mabu
Mentre gli scienziati celebrano ogni nuova scoperta, Mabu affronta sfide crescenti. La deforestazione, la caccia illegale e i cambiamenti climatici minacciano questo fragile ecosistema. Gli animali più grandi, come bufali, leoni e rinoceronti, sono scomparsi da tempo, vittime della guerra civile e della caccia indiscriminata.
Le spedizioni scientifiche che raggiungono Mabu non hanno solo il fine di rintracciare nuove specie viventi ma anche di accertarsi che, per esempio, alcuni degli uccelli più rari dell’Africa siano ancora vivi. È il caso del Namuli apalis, un volatile che vive solo ad alta quota e che a causa di deforestazione e riscaldamento globale potrebbe estinguersi.
Ma la speranza non è perduta. Grazie all’impegno di ricercatori, ambientalisti e comunità locali, Mabu sta diventando un modello di conservazione.
Pejul Calenga, direttore generale delle aree protette del Mozambico, ha raccontato al giornalista della Bbc che Mabu sarà trasformata in un’area protetta e gestita dalla comunità locale, che da sempre dipende da essa per il proprio sostentamento.
Ciò significa che non saranno consentiti né l’abbattimento di alberi né l’attività mineraria, ma che la popolazione locale, che dipende dalla foresta per il proprio sostentamento, potrà gestirla e utilizzarla.
Un futuro verde per Mabu e il Mozambico
La protezione di Mabu è un passo importante verso l’obiettivo del paese di proteggere il 30% del suo territorio entro il 2030. È un impegno ambizioso, ma necessario per preservare la straordinaria ricchezza naturale del Mozambico.
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