L'azoto in eccesso contamina acqua e suolo. L'Italia viola la Direttiva Nitrati e rischia sanzioni dalla Corte di Giustizia Europea. I nitrati mettono in pericolo ecosistemi e salute umana. Greenpeace chiede un intervento immediato per tutelare ambiente e cittadini
La Lombardia, regione simbolo della produttività italiana, nasconde una ferita aperta: l’inquinamento da nitrati. Un nemico invisibile che si insinua nel suolo, avvelena l’acqua e minaccia la salute dei cittadini. A denunciare questa emergenza ambientale è Greenpeace Italia, che nel suo ultimo rapporto, “Fondi pubblici in pasto ai maiali“, svela il legame tra allevamenti intensivi e contaminazione da azoto.
“Gli allevamenti intensivi di suini, bovini e pollame stanno mettendo a rischio il suolo e l’acqua di 165 Comuni lombardi”, rivela Greenpeace. La ragione? “Il rilascio di livelli di azoto tripli e quadrupli rispetto a quelli consentiti dalla legge”. Un dato allarmante che pone la Lombardia, con la sua altissima concentrazione di allevamenti – che ospita il 48% dei suini, il 26% dei bovini e il 17% del pollame allevati in Italia – al centro di una crisi ambientale di vaste proporzioni.
Ma come si è arrivati a questo punto? L’origine del problema risiede nelle enormi quantità di liquami prodotti dagli allevamenti intensivi. Questi reflui, ricchi di azoto, vengono utilizzati come fertilizzanti sui terreni agricoli. Tuttavia, quando il loro accumulo diventa eccessivo, i nitrati, composti azotati altamente solubili, si infiltrano nel terreno, contaminando le falde acquifere e gli ecosistemi.
Questa contaminazione da nitrati compromette la qualità dell’acqua potabile, mettendo a rischio la salute umana, con possibili effetti sulla tiroide e sullo sviluppo neurologico dei bambini. Inoltre, l’azoto in eccesso alimenta la proliferazione di alghe nei laghi e nei fiumi, un processo noto come eutrofizzazione, che sottrae ossigeno alla fauna acquatica e compromette l’equilibrio degli ecosistemi, con conseguente moria di pesci e degrado degli habitat.
Come se non bastasse, gli allevamenti intensivi sono responsabili del 75% delle emissioni di ammoniaca in Italia, un gas che si trasforma in polveri sottili (PM2.5), causando gravi problemi respiratori e cardiovascolari, con un impatto stimato di 50.000 morti premature ogni anno in Italia, concentrate soprattutto nella Pianura Padana.
Un quadro drammatico, che l’Unione europea non ha esitato a sanzionare. “A causa degli alti livelli di contaminazione da azoto, l’Italia sta violando la Direttiva Nitrati e rischia di doverne rispondere davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea”, avverte Greenpeace. Le conseguenze? Multe salatissime per non aver tutelato l’ambiente e la salute dei cittadini, che potrebbero ammontare a centinaia di milioni di euro.
Eppure, nonostante l’emergenza, i fondi europei della PAC continuano a finanziare gli allevamenti intensivi. Nel 2023, in Lombardia, le aziende zootecniche hanno ricevuto 284 milioni di euro, il 44% del totale dei fondi PAC destinati alla regione. Di questi, circa il 40% (112,9 milioni di euro) è stato assegnato a imprese situate in comuni che superano i limiti di azoto consentiti.
Un controsenso che Greenpeace denuncia con forza, chiedendo una moratoria immediata su nuovi allevamenti intensivi e un cambio di rotta verso un modello di allevamento più sostenibile, come proposto nella proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi“, attualmente in attesa di discussione in Parlamento.
I dati raccolti da Greenpeace, basati sui Bollettini nitrati della Regione Lombardia, mostrano un quadro preoccupante: il 40% dei Comuni lombardi in zona vulnerabile ai nitrati supera i limiti di legge. Le province più colpite sono Brescia (36% dei comuni fuori legge), Cremona (26%), Bergamo (17%) e Mantova (12%), dove le aree agricole di pianura pagano il prezzo più alto dell’inquinamento da nitrati.
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