L’Italia è un hub degli sprechi di gas metano: 34 impianti su 45 registrano emissioni tra perdite e venting

Gli sprechi di gas metano da impianti a fonti fossili sono enormi nel nostro Paese, che ha una delle maggiori intensità di emissioni

In piena crisi climatica, l’Italia si conferma un hub degli sprechi di gas metano provenienti dagli impianti a fonti fossili, con normative e misure di controllo ancora insufficienti. Questo è quanto emerge dal bilancio della seconda edizione della campagna “C’è puzza di gas”, promossa da Legambiente con il supporto di Clean Air Task Force (CATF), presentata in diretta streaming sul canale YouTube di Legambiente.

Tra gennaio e maggio 2024, su 45 impianti monitorati in Abruzzo, Lombardia e Piemonte, ben 34 impianti (75,5%) hanno registrato emissioni di metano, con un totale di 120 punti di emissione, di cui 85 perdite da differenti componenti delle infrastrutture e 35 casi di venting.  Tra gli impianti più critici, spiccano il REMI di San Salvo (CH) in Abruzzo, il REMI di Pernate (NO) in Piemonte e la Centrale di stoccaggio di Sergnano (CR) in Lombardia.

I dati raccolti sono allarmanti, soprattutto considerando che il metano è un gas con un effetto climalterante fino a 86 volte superiore alla CO₂. Le emissioni di metano nel settore energetico sono responsabili del 37% delle emissioni globali. Inoltre l’Italia, tra i paesi importatori, presenta una delle maggiori intensità di emissioni con 8,5 Gg/Mtoe (8.500 tonnellate di metano per milioni di tonnellate equivalenti di petrolio).

Tutti i dubbi sul nuovo Regolamento europeo sulle emissioni di metano

Il nuovo Regolamento europeo sulle emissioni di metano rappresenta un passo avanti significativo, prevedendo l’innalzamento di standard e garantendo maggiore trasparenza ed efficacia nella riduzione delle emissioni. Tuttavia rimangono aperti alcuni nodi cruciali.

La piena applicazione delle norme per tutte le infrastrutture non avverrà prima del 2030, e gli standard sulle importazioni di gas entreranno in vigore solo dopo tale data. Inoltre i costi di adeguamento dovrebbero essere sostenuti dagli operatori e non dai cittadini.

Esistono anche disparità nel trattamento delle attività di monitoraggio e comunicazione, con tempistiche non sufficientemente stringenti per gli interventi necessari. È urgente elaborare un inventario nazionale dei pozzi di idrocarburi abbandonati e valutare l’eliminazione degli incentivi attualmente previsti da Arera.

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