Il Consiglio di Stato ha appena dichiarato illegittima l’ordinanza del Sindaco di Taranto sugli stabilimenti ex Ilva per mancanza di un "imminente pericolo alla salute"
Sembra incredibile ma è purtroppo reale. Il Consiglio di Stato ha appena dichiarato illegittima l’ordinanza del Sindaco di Taranto sugli stabilimenti ex Ilva per mancanza di un “imminente pericolo alla salute”. Ribaltata dunque la decisione dei giudici del Tar di Lecce che avevano invece accolto la richiesta del sindaco della città, ossia ” individuare gli impianti interessati da emissioni inquinanti e rimuoverne le eventuali criticità”.
Un nuovo giorno triste per la città di Taranto, le famiglie che ci vivono, quelle che hanno perso uno dei loro cari. Il Consiglio di Stato infatti ha ritenuto illegittima la richiesta del sindaco, avanzando una motivazione che sembra quasi una beffa: mancanza di un imminente pericolo alla salute. Eppure, nella sentenza di primo della giustizia amministrativa, i magistrati salentini del Tar di Lecce avevano evidenziato “lo stato di grave pericolo” in cui vivono i cittadini di Taranto.
La vicenda
Richiesta che avrebbe voluto tutelare la salute dei cittadini. Ma il Consiglio di Stato ha invece accolto gli appelli di Arcelor Mittal s.p.a. e di Ilva s.p.a. in amministrazione straordinaria, annullando l’ordinanza
emessa, nell’esercizio dei poteri di necessità e urgenza del Sindaco a tutela della salute della cittadinanza, a seguito di episodi di emissioni di fumi e gas verificatisi nell’agosto 2019 e nel febbraio 2020 e delle successive verifiche ambientali e sanitarie.
Da una parte la Corte non ha condiviso la tesi principale di Arcelo re Ilva secondo cui deve escludersi ogni spazio di intervento del Sindaco in quanto
i rimedi predisposti dall’ordinamento sarebbero idonei a far fronte a qualunque possibile inconveniente.
Dall’altra, però, ha stabilito che l’ordinanza doveva limitarsi a fronteggiare particolari e imminenti situazioni di pericolo per la salute pubblica. E i fumi emessi dagli impianti, secondo i giudici, non lo erano?
Premesso che l’accertamento giudiziale doveva concentrarsi unicamente sulla legittimità dell’ordinanza del Sindaco senza poter estendersi alle annose e travagliate vicende che hanno interessato lo stabilimento “ex Ilva” (…), la Sezione ha ritenuto che in concreto il potere di ordinanza d’urgenza fosse stato esercitato in assenza dei presupposti di legge, non emergendo la sussistenza di “fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie” dell’impianto. Pertanto, pur senza negare la grave situazione ambientale e sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto, già al centro di vicende giudiziarie penali e di una sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani (relativa però alla precedente gestione dello stabilimento, rispetto alla quale le misure intraprese negli ultimi anni hanno segnato “una linea di discontinuità”), si è concluso che “nella specie il potere di ordinanza abbia finito per sovrapporsi alle modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio sanitario, per quegli stabilimenti produttivi abilitati dall’A.I.A.”, non essendosi evidenziato un pericolo “ulteriore” rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività industriale.
Di fatto, è l’ennesimo via libera all’Ilva, l’ennesima batosta per i tarantini.
Fonti di riferimento: Giustizia Amministrativa
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