In Emilia Romagna e nelle Marche è ricominciata la conta dei danni. Regolari, queste alluvioni arrivano ormai con una frequenza impressionante. E ogni volta è un disastro. Pochi giorni fa stesse scene da altri Paesi europei, ma come mai Vienna non è finita sott’acqua?
Indice
Faenza e mezza Emilia Romagna, così come le Marche, di nuovo piegate da alluvioni e frane. Una lunga serie di danni dovuti ai nubifragi che si sono abbattuti su un territorio che ha rivissuto, così, l’incubo dell’alluvione del maggio del 2023. Le criticità più importanti hanno riguardato i fiumi Lamone, Marzeno e Senio, nel ravennate e il Montone, nel forlivese, costringendo ad evacuare un migliaio di persone.
I fiumi, già i fiumi. In Italia – che è il Paese col più elevato rischio di dissesto idrogeologico in Europa – ne abbiamo più di 1000: possibile che siano tutti pronti ad esondare sempre rovinosamente, lasciando distruzione ovunque? Sì, possibile. Rimuovere dighe e sbarramenti o altri ostacoli obsoleti che frenano il naturale fluire dei corsi d’acqua e favoriscono piuttosto l’accumulo di detriti è un problema che nel nostro Paese non è mai stato seriamente affrontato. Et voilà.
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Secondo un rapporto ISPRA, il 94% dei Comuni italiani è esposto ai rischi del dissesto idrogeologico, come frane, alluvioni ed erosione costiera per le zone sul mare. Ed è così da sempre e da sempre l’Italia a ogni evento eccezionale si piega in due tra perdite di vite umane e danni ingenti. Ciò che sta accadendo in queste ore in Emilia Romagna, dove si è ripetuto in 16 mesi un disastro che una volta si riproponeva dopo secoli, dimostra quanto ancora c’è da fare. E che non abbiamo più tempo.
AAA cercasi il Piano nazionale di Adattamento
L’ennesima alluvione ci sbatte in faccia la realtà: non ci sono decisioni politiche per adeguare operativamente il nostro Paese alla nuova realtà climatica, sia nella mitigazione –abbattimento emissioni- sia nell’adattamento.
Il Piano nazionale di Adattamento è stato approvato alla fine dello scorso anno, ma – evidenziano dal WWF – è carente sotto due aspetti fondamentali: non individua né le priorità, né le fonti di finanziamento. E non solo: non è entrato nelle priorità del Governo ed è rimasto nel cassetto.
Ne abbiamo parlato qui: Ce l’abbiamo fatta! Abbiamo il Piano Nazionale Adattamento ai Cambiamenti Climatici
Certo, in Romagna alcuni interventi sono stati effettuati, ma non basta e l’amministrazione regionale continua a gestire i corsi d’acqua con interventi di manutenzione inadeguati e spesso controproducenti. Si interviene ancora e soprattutto a seguito delle emergenze, mancano prevenzione e pianificazione e soprattutto gli strumenti necessari, come ad esempio i Programmi di gestione sedimenti, previsti per legge, mancano per quasi tutto il territorio tranne che per il Po.
Nel 2023, infine, il Governo aveva promesso rimborsi del 100% ai cittadini: mai arrivati.
Il muro componibile di Faenza
Passerà probabilmente alla storia come l’esempio più lampante di come si gestisca l’emergenza quando è ormai troppo tardi.
A Faenza dal pomeriggio di mercoledì 18 settembre si è lavorato alacremente per prevenire l‘esondazione del Marzeno, posizionando idrovore e sbarramenti di cemento. E non solo: in via Cimatti è sorto nel giro di poche ore un muro di cemento per fermare le acque. Ma ci voleva piuttosto un miracolo.
Tutto, infatti, è stato vano: l’acqua ha invaso via Silvio Pellico e via Cimatti, e in parte Borgo Durbecco, sulla sponda sinistra del Lamone. Tutto è stato inabissato dall’acqua.
Anche il centro Europa devastato dal ciclone Boris, ma cosa può insegnarci Vienna
Che le infrastrutture giuste fatte ad opera d’arte si possono fare anche da noi, dicendo anche basta a quelle grandi inutili, dal nucleare al Ponte sullo Stretto, e concentrandosi sul da farsi per non essere sommersi totalmente. E, magari, non andare all’assalto del Green Deal europeo come sta facendo in queste ore la Meloni.
È vero, nelle ore scorse anche l’Europa centrale e orientale è stata piegata in due dalla tempesta Boris. Piogge incessanti hanno gonfiato i corsi d’acqua e i fiumi, costringendo migliaia di residenti a evacuare. Oltre ai sette decessi in Romania, in Austria 4, compreso un vigile del fuoco. Sul versante ceco la polizia ha confermato alla radio pubblica la morte di una persona annegata e altri sette dichiarati dispersi. In Polonia la polizia ha registrato quattro vittime nelle regioni colpite. Un disastro immane.
Vienna si trova a poca distanza dalle aree dove le alluvioni, ma la situazione è stata delicata anche qui. Ciononostante, la città non è finita interamente sott’acqua, merito del cosiddetto Neue Donau (Nuovo Danubio), un canale, e della Donauinsel, un’isola artificiale, costruiti tra gli anni ’70 e ’80 e che hanno un ruolo chiave nel regolare il flusso del Danubio
Auch wenn sich nicht jede am Wasser gelegene Gemeinde eine Investition wie die „Neue Donau“ in Wien leisten kann, muss man mit Unvorhergesehenem rechnen. Gerade in Zeiten des Klimawandels. https://t.co/AuTMOfNAYE
— FAZ Gesellschaft (@FAZ_Vermischtes) September 17, 2024
Nella seconda metà del 1800, a Vienna si volle regolare il corso del fiume, arginandolo in un nuovo canale largo 280 metri grazie a un progetto firmato dalla stessa impresa che poco prima aveva realizzato il Canale di Suez. Fu sì un miglioramento, ma non bastò e Vienna continuò a subire pesanti alluvioni, nel 1897, nel 1899 e nel 1954.
Dopo quest’ultima, nel ’54, le autorità cittadine innalzarono e rinforzarono gli argini esistenti, ampliarono il canale del Danubio e costruirono ulteriori canali che permettessero di controllare le inondazioni.
La parte più importante fu la lunga costruzione di un grosso canale, proprio il Neue Donau (Nuovo Danubio), e di quella grande isola artificiale realizzata con i detriti degli scavi del canale che è la Donauinsel, lunga 21 chilometri e larga appena tra i 70 e i 210 metri.
Il Washington Post l’ha definito un “esempio visionario di come affrontare le inondazioni urbane“, tale per cui sollevando le paratoie del Neue Donau (che ha tre opere di presa che normalmente restano chiuse) si incanala parte dell’acqua alluvionale, permettendo all’acqua in eccesso del fiume, ai detriti e ai rami degli alberi di entrare.
La Donauinsel è sostanzialmente una struttura protettiva che costeggia il Neue Donau e oggi è diventato anche un meraviglioso parco urbano, con tanto di sentieri, piste ciclabili e spiagge. Nei decenni successivi alla loro realizzazione, la Donauinsel e il Neue Donau hanno permesso lo sviluppo urbano dei quartieri della città che si trovano sulla riva sinistra del Danubio e hanno consentito alla città di affrontare senza grandi conseguenze negative diverse grosse alluvioni.
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