dal Rapporto di Legambiente che riguarda lo stato dei comuni italiani considerati a rischio idrogeologico. Secondo l'indagine "Ecosistema a rischio", realizzata in collaborazione col Dipartimento della Protezione Civile, e grazie alla campagna "Operazione Fiumi 2009", sono state monitorate le azioni delle amministrazioni comunali legate al problema
Cattive notizie emergono dal Rapporto di Legambiente che riguarda lo stato dei comuni italiani considerati a rischio idrogeologico. Secondo l’indagine “Ecosistema a rischio”, realizzata in collaborazione col Dipartimento della Protezione Civile, e grazie alla campagna “Operazione Fiumi 2009“, sono state monitorate le azioni delle amministrazioni comunali legate al problema.
Non sono lontane alla nostra memoria le tragedie di Ischia e di Messina, che hanno provocato la morte, evitabilissima, di parecchie persone. Proprio per valutare la situazione e cercare di prevenite tragedie di questa portata, lo studio cerca di mettere in luce la necessità di un piano complessivo di riassetto idrogeologico, mettendo al primo posto la sicurezza della collettività e soprattutto cercando di porre un freno agli attuali usi speculativi e abusivi del territorio. Non sono lontane alla nostra memoria le tragedie di
Ad aggravare la situazione, inoltre sono gli effetti dei cambiamenti climatici in atto, tra cui le piogge sempre più concentrate (si arriva anche a 200 millimetri di pioggia in un solo giorno contro la media annuale di 800/1000 millimetri) che si alternano a periodi di estrema siccità.
Ma tornando ai dati, emerge il fatto che il rischio frane e alluvioni interessa praticamente tutto il territorio nazionale. Sono ben 5.581 i comuni a rischio idrogeologico, il 70% del totale dei comuni italiani. Di essi, 1.700 a rischio frana, 1.285 a rischio di alluvione e 2.596 a rischio sia di frana che di alluvione. Problemi amplificati dall’abusivismo, dal disboscamento dei versanti e dall’urbanizzazione irrazionale.
Le regioni che hanno la più alta percentuale di comuni a rischio sono la Calabria, l’Umbria e la Valle d’Aosta (100%), cui seguono le Marche (99%) e la Toscana (98%). Le migliori sono Puglia e Sardegna rispettivamente con il 19 e l’11% dei comuni a rischio.
Sconfortanti le notizie sulla manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d’acqua. Nel 36% dei comuni, infatti, non viene svolta regolarmente, e anche nei comuni (76%) che hanno realizzato opere di messa in sicurezza dei corsi d’acqua e di consolidamento dei versanti, gli interventi spesso hanno rischiato di aumentare la fragilità del territorio.
Si tratta di disastri ambientali quasi annunciati, e che purtroppo non si fa molto per prevenire. Oltre un comune su quattro, infatti, non fa praticamente nulla per prevenire i danni derivanti da alluvioni e frane. Solo il 26% svolge attività di informazione e il 29% svolge esercitazioni.
Le uniche mosche bianche sono i comuni di Canischio (TO) e Palazzolo sull’Oglio (BS), che hanno svolto importanti attività di prevenzione delle frane e delle alluvioni. Come si evince dal Rapporto “Nei due comuni, infatti, in seguito ad interventi di delocalizzazione, non sono presenti insediamenti antropici in aree a rischio idrogeologico e viene realizzata un’ordinaria attività di manutenzione delle sponde e delle opere di difesa idraulica. Le amministrazioni comunali si sono dotate di un piano di emergenza aggiornato, hanno organizzato iniziative di informazione rivolte alla popolazione ed esercitazioni per verificare la reale efficacia del piano d’emergenza. Nei territori comunali sono presenti sistemi di monitoraggio e di allerta in caso di pericolo. Inoltre, in entrambi i comuni è attiva una struttura di protezione civile operativa in modalità h24. Nei piani urbanistici sono stati previsti vincoli all’edificazione delle zone classificate a rischio”. Proprio per questo, saranno premiati da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile con la bandiera “Fiume Sicuro” da esporre nel territorio comunale.
Sull’altra sponda, invece, vi sono 7 comuni bocciati: Acquaro (VV), San Ferdinando (RC), Oppido Marina (RC) in Calabria; Altavilla Silentina (SA), Polla (SA), Quarto (NA) in Campania; e Vejano (VT) nel Lazio. In tali comuni è presente una pesante urbanizzazione delle zone esposte a pericolo di frane e alluvioni e non sono state svolte azioni concrete di prevenzione.
“I mutamenti climatici provocano sempre più spesso precipitazioni intense concentrate in periodi brevi, costringendoci a considerare con sempre maggiore attenzione il delicato assetto idrogeologico di molte aree del nostro Paese – ha detto il responsabile nazionale Protezione Civile di Legambiente, Simone Andreotti – Non solo i grandi fiumi, ma anche i torrenti e le fiumare sono spesso minacciati da intubazioni insensate, discariche abusive, ponti sottostimati con costruzioni edificate sin dentro gli alvei. Ed è proprio da qui che bisogna partire per migliorare concretamente la sicurezza del nostro Paese. I dati del nostro dossier dimostrano come sia urgente iniziare ad abbattere le costruzioni abusive e puntare decisamente sulla delocalizzazione delle strutture a rischio, sugli interventi di messa in sicurezza puntuali e di qualità”.
Francesca Mancuso