Storicamente l’attività dei pescherecci è sempre stata molto poco documentata, limitando la nostra comprensione di come venga (stra)utilizzata la più grande risorsa pubblica del mondo: l’oceano. Ma ora ecco la mappa che svela la vastissima attività industriale nei nostri mari
Tra il 72 e il 76% delle navi da pesca industriale del mondo non sono monitorate pubblicamente e, quel che si sa, gran parte della pesca si svolge nell’Asia meridionale, nel Sud-est asiatico e in Africa. In più, tra il 21 e il 30% dell’attività delle navi da trasporto e di energia manca dai sistemi di tracciamento pubblici.
Sono i “dark fleets”, le flotte oscure, di cui nessuno sa. È quanto emerge dalla nuova ricerca “Satellite mapping reveals extensive industrial activity at sea”, pubblicata su Nature da un team di ricercatori guidato da Fernando Paolo e David Kroodsma di Global Fishing Watch e che per la prima volta ci dà una visione completa di quello che è l’utilizzo industriale dei mari e degli oceani mai mappato.
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Una nuova rivoluzione industriale, fino ad ora inosservata, sta emergendo nei nostri mari. Sulla terra abbiamo mappe dettagliate di quasi tutte le strade e gli edifici del pianeta. Al contrario, la crescita nel nostro oceano è stata in gran parte nascosta alla vista dell’opinione pubblica. Questo studio aiuta a eliminare i punti ciechi e a far luce sull’ampiezza e sull’intensità dell’attività umana in mare, afferma Kroodsma, direttore ricerca e innovazione di Global Fishing Watch.
Lo studio
Tra il 2017 e il 2021 gli studiosi del Global Fishing Watch insieme con l’Università del Wisconsin-Madison, la Duke University, l’Università della California – Santa Barbara e SkyTruth hanno analizzato 2 milioni di gigabyte di immagini satellitari per evidenziare navi e infrastrutture offshore nelle acque costiere di 6 continenti dove si concentra più di tre quarti l’attività di pesca industriale.
Sintetizzando i dati GPS con 5 anni di immagini radar e ottiche, hanno in pratica identificato i pescherecci che non trasmettevano la loro posizione.
Combinando la tecnologia spaziale con l’apprendimento automatico all’avanguardia, è stata quindi mappata l’attività industriale nascosta in mare su una scala mai realizzata prima, arrivando a un’unica terrificante conclusione: quei pescherecci di cui nessuno sapeva erano probabilmente impegnati in attività di pesca.
Anche se non tutti i pescherecci sono obbligati per legge a trasmettere la propria posizione, quelli assenti dai sistemi di monitoraggio pubblico spesso si trovano all’interno di aree marine protette.
I dati disponibili al pubblico suggeriscono erroneamente che Asia ed Europa hanno quantità simili di pesca all’interno dei loro confini, ma la nostra mappatura rivela che l’Asia domina: per ogni 10 pescherecci che abbiamo trovato in acqua, 7 erano in Asia mentre solo uno era in Europa, Rivelando i dark vessels, abbiamo creato il quadro pubblico più completo disponibile sulla pesca industriale globale, spiega una delle autrici dello studio, Jennifer Raynor.
La ricerca dimostra anche come sia cambiata l’attività antropica nell’oceano: con la pandemia di Covid-19, per esempio, l’attività di pesca è diminuita a livello globale di circa il 12%, con un calo dell’8% in Cina e del 14% altrove. Al contrario, l’attività delle navi da trasporto ed energetiche è rimasta stabile. Durante il periodo di studio, lo sviluppo dell’energia offshore ha registrato un aumento:
Le strutture petrolifere sono aumentate del 16%, mentre le turbine eoliche sono più che raddoppiate. L’energia eolica offshore cinese ha registrato la crescita più sorprendente, aumentando di 9 volte dal 2017 al 2021.
Prima questo tipo di monitoraggio satellitare era disponibile solo per coloro che potevano pagarlo. Ora è liberamente disponibile per tutte le nazioni. Questo studio segna l’inizio di una nuova era nella gestione e nella trasparenza degli oceani, conclude Kroodsma.
Uno strumento, insomma, che i governi potrebbero utilizzare per scovare le attività potenzialmente illegali. Se ne serviranno?
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