Le cave di marmo hanno un alto impatto inquinante sull'ambiente e non solo. La storia infinita del marmo di Carrara, tra concessioni secolari e rifiuti speciali mai smaltiti correttamente né legalmente
Indice
Utili netti di milioni di euro, lotte per concessioni e danni ambientali inestimabili: a Massa Carrara si estrae, ancora, marmo, in lungo, in largo, sopra e sotto, in gallerie e a cielo aperto. Un tipo di estrazione – da patrimonio pubblico – che non può non distruggere le montagne e i corsi d’acqua della zona. E l’ambiente tutto.
Le cave di marmo nei dintorni di Carrara, in Toscana, sono antichissime, la maggior parte di epoca romana, e le opere d’arte e di architettura create utilizzando questo marmo sono presenti praticamente in tutto il mondo. E non è un caso, forse, che si tratti di un’attività estrattiva da fatturati record (di poche aziende). Ma quanto ci costa?
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Sul punto è tornato nuovamente Report, il programma d’inchiesta di Rai 3 che ha voluto indagare, ancora una volta, sui guadagni da capogiro e sull’inquinamento legato all’estrazione. Altrettanto da capogiro.
L’inchiesta
Il reportage è stato realizzato dal giornalista Bernardo Iovene, con la collaborazione di Lidia Galeazzo e Greta Orsi, e due i temi su Carrara che saranno trattati: “Il marmo di Carrara, una risorsa dal valore incalcolabile, ha lasciato un’impronta devastante sull’ambiente” e “La marmettola delle cave di Carrara arriva nei corsi d’acqua”.
🔴Il patrimonio pubblico del marmo di Carrara in mano agli imprenditori: ma qual è la ricaduta sul territorio?Il rapporto tra fatturato e utili per alcune cave di Carrara raggiunge anche il 50%, è più alto di quello che c’è nel settore della moda, fanno utili stratosferici. Gli imprenditori della zona non hanno voluto parlare con noi di Report e hanno delegato il presidente della delegazione Confindustria di Massa Carrara Matteo Venturi, gli abbiamo chiesto degli alti ricavi delle aziende e soprattutto della questione dell’utilizzo privatistico che viene fatto di un patrimonio pubblico dato in concessione in base a leggi secolari.La risposta del presidente ha due versioni: una ufficiale e una ufficiosa.Segui #Report ora in diretta su #Rai3 e #RaiPlay👇http://bit.ly/Rai3LIVE
Posted by Report on Sunday, April 21, 2024
Tutto partendo da un presupposto: il marmo di Carrara è una risorsa dal valore incalcolabile, ma il suo sfruttamento ha lasciato un’impronta devastante sull’ambiente e ha generato conflitti secolari riguardo alle concessioni.
Ancora oggi, la diatriba è su una frase contenuta nell’editto di Maria Teresa Cybo Malaspina, Duchessa di Massa Carrara che, nel lontano 1751, concedeva ai possessori delle cave un presunto diritto perpetuo di estrazione e di proprietà. I tentativi del comune e della Regione Toscana di normare questo punto non hanno prodotto risultati, se non ricorsi e cause civili che hanno visto prevalere gli imprenditori.
Imprenditori che, a tutt’oggi possiedono il 30% delle cave di Carrara e non pagano concessioni, creando un danno al comune di 4 milioni di euro l’anno. Di recente, gli imprenditori che gestiscono il restante 70% delle cave hanno firmato una convenzione con il Comune, obbligati dalla legge regionale del 2015, che prevede gare pubbliche ogni 25 anni ma solo dal 2042. E il giorno successivo alla firma, gli stessi imprenditori hanno avviato azioni legali per rivendicare il presunto diritto perpetuo menzionato nell’Editto del 1751.
È una storia infinita, che si svolge in un territorio dove le imprese del settore traggono guadagni milionari con un numero esiguo di dipendenti e margini di profitto che superano il 50% del fatturato. Un’anomalia assoluta in ambito industriale dove le aziende normalmente hanno un margine di profitto molto inferiore.
L’impatto delle cave sull’ambiente e sul paesaggio
Secondo un censimento del centro di geotecnologie dell’Università di Siena, sulle Alpi Apuane ci sono 165 cave attive e 510 dismesse. Carrara è il comune italiano con il maggior numero di cave attive, 73. Un centinaio di queste cave è compreso nei confini del parco naturale regionale delle Alpi Apuane istituito nel 1985.
Numeri da brividi e basta alzare lo sguardo per capire quanto quelle cave abbiano ridotto le montagne: all’esterno e all’interno, le hanno letteralmente scavate con lunghe gallerie. In alcune zone le Alpi Apuane sono state addirittura abbassate e il picco di Falcovaia, nel Comune di Seravezza, è un ex monte: la sua cima non c’è più
Lo smaltimento (sbagliato) della marmettola
Lo smaltimento della marmettola è una questione vecchia quanto quelle cave. Si tratta dello scarto di lavorazione delle cave di marmo, una polvere di marmo – carbonato di calcio – che deriva dall’estrazione della pietra e dalla segagione.
Un vero e proprio danno se si considera che la si infiltra nelle fessure della montagna e va a depositarsi nelle vene d’acqua all’interno delle montagne. In superficie viene trascinata a valle ad ogni pioggia rendendo bianche come il latte le acque dei torrenti e dei fiumi per poi depositarsi anche su quei fondali.
Dei più di cinque milioni di tonnellate di marmo scavato ogni anno, solo un quinto viene estratto in blocchi e usato per realizzare sculture ed edifici, il resto sono detriti destinati ad essere trasformati in carbonato di calcio da usare per sostituire il piombo nelle vernici, l’amianto nei tetti, la fibra di legno nella carta e come riempitivo nei cereali, nei cosmetici, nelle pasticche di vitamine e nel dentifricio. La legge regionale stabilisce che le cave non possono essere usate solo per estrarre detriti, ma secondo i residenti e gli ambientalisti, è proprio quello che accade.
E non solo:la marmettola è anche responsabile dell’inquinamento dell’acqua potabile che deve essere depurata prima di essere immessa nella rete idrica.
Eppure, ogni cava dovrebbe smaltire la marmettola raccogliendola e trattandola come uno scarto di lavorazione e come rifiuto speciale, portandola negli impianti appositi. Come fanno sapere da Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana), “il materiale rimane soggetto alle disposizioni sui rifiuti (ass. Sez. III n. 47085, 19/12/2008) e deve essere classificato con il codice “CER 01 04 13 – rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07”.
Gli alpinisti e speleologi dell’associazione Apuane libere hanno filmato nel tempo tantissime irregolarità:
La marmettola è un rifiuto speciale, andrebbe raccolto nelle vasche per essere poi smaltita, ma ha un costo, affermano. Spesso viene, invece, sversato lungo il pendio dei monti e dei torrenti oppure finisce nelle fratture che corrispondono alle cavità carsiche determinate dall’estrazione.Possiamo dire con assoluta sicurezza che le cave sono una fabbrica di alluvioni. A volte è bianco per la marmettola, a volte è marrone per le terre che vengono dei ravaneti e a volte è caffellatte. Dall’inizio del secolo quattro alluvioni e siamo nel 24. Nel secolo scorso ci sono state quattro alluvioni in tutto il secolo.
QUI la puntata di Report completa.
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