In molti lo sostenevano da tempo, qualcuno si ostinava a far finta di niente, ma nessuno aveva mai condotto uno studio scientifico per dimostrare la correlazione tra attività antropiche da una parte e aumento delle alluvioni dall'altra. Ci hanno pensato i ricercatori dell'Università di Edimburgo, che hanno raccolto i dati sulle precipitazioni avvenute nell'emisfero nord dal 1951 al 2001e, inserendoli in un modello climatico elaborato ad hoc, sono giunti all'impietosa conclusione che l'aumento della CO2 va di pari passo con l'aumento delle precipitazioni e, di conseguenza, di quei fenomeni estremi meglio noti come alluvioni.
In molti lo sostenevano da tempo, qualcuno si ostinava a far finta di niente, ma nessuno aveva mai condotto uno studio scientifico per dimostrare la correlazione tra attività antropiche da una parte e aumento delle alluvioni dall’altra. Ci hanno pensato i ricercatori dell’Università di Edimburgo, che hanno raccolto i dati sulle precipitazioni avvenute nell’emisfero nord dal 1951 al 2001 e, inserendoli in un modello climatico elaborato ad hoc, sono giunti all’impietosa conclusione che l’aumento della CO2 va di pari passo con l’aumento delle precipitazioni e, di conseguenza, di quei fenomeni estremi meglio noti come alluvioni.
Il nostro studio è la prima conferma che l’aumento dell’intensità delle precipitazioni è legato al cambiamento climatico – spiegano i ricercatori; – Anzi, può darsi che abbiamo sottostimato l’andamento, e che in futuro dovremmo aspettarci eventi ancora più violenti. Una visione che non lascia spazio a interpretazioni. Sarà forse per questo che la prestigiosa rivista Nature, oltre a dedicare due articoli allo studio, ha titolato la copertina del suo ultimo numero con un inequivocabile: Il fattore umano. Le prove, del resto, sono schiaccianti: oltre all’aumento delle precipitazioni riscontrato nel 65% delle 6.000 stazioni meteo sparse per l’emisfero nord, le conseguenze delle alluvioni sono state anno dopo anno sempre più serie. Il valore dei beni assicurati distrutti dal maltempo dal 1980 a oggi, ad esempio, è di circa 1.600 miliardi di dollari (fonti Munich Re), con un aumento dell’11% ogni 12 mesi.
Solo per le devastanti inondazioni del 2000 avvenute in Galles e in Inghilterra, le compagnie assicurative hanno sborsato la bellezza di 1,5 miliardi di euro. E non è che l’Italia se la passi meglio, anzi: le alluvioni del Veneto o quella più recente della piana del Sele sono solo le ultime di una lunga e disastrosa lista. La priorità è invertire la rotta, ma pare che la politica non se ne renda conto: risale a ieri la notizia che nel decreto milleproroghe appena approvato dal Senato, il 10% del miliardo di euro stanziato dal Ministero dell’Ambiente per gli interventi di prevenzione del rischio idrogeologico verrà invece utilizzato per pagare una minima parte dei danni causati dalle alluvioni degli ultimi due anni in Veneto, Liguria, Campania e Messina.
Se è giusto e doveroso risarcire i territori colpiti – tuona il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – è un errore farlo continuando a sottrarre denaro alla prevenzione, impedendo di realizzare la grande opera di mitigazione del rischio idrogeologico tanto necessaria all’Italia. Più che di Fattore umano, insomma, qui da noi si tratta di Fattore imbecille.
Roberto Zambon