Anche il lago di Pilato si è prosciugato e ora questo piccolo crostaceo che vive solo qui rischia l’estinzione

Il Chirocefalo del Marchesoni è un crostaceo branchiopode della famiglia Chirocephalidae e del genere Chirocephalus. Vive solo nel Lago di Pilato, ma il bacino naturale è a secco e gli esperti del Parco nazionale dei Sibillini sono intervenuti per tutelarne l'habitat

Un piccolo specchio d’acqua di origine glaciale racchiuso nel massiccio del Monte Vettore. Proprio qui, nel Parco nazionale dei Monti Sibillini, il Lago di Pilato (sì, deve il suo nome proprio a lui) si è del tutto prosciugato: non avendo immissari, infatti, è alimentato solo dallo scioglimento delle nevi e, soprattutto, dalle precipitazioni. E questa è storia che conosciamo.

Una perdita grave che rischia di mettere in pericolo la vita del Chirocefalo del Marchesoni, specie endemica proprio del Lago di Pilato. Per questo motivo gli esperti del Parco nazionale dei Sibillini sono intervenuti allestendo una delimitazione lungo l’intero perimetro del bacino del lago e tentare di tutelare l’habitat di questo crostaceo e mettere al sicuro le uova nascoste tra i sassi sul fondo.

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Secondo quanto emerge dal monitoraggio condotto dal Parco tramite l’Università di Perugia, dal 2018 il Lago di Pilato sta assumendo nel corso del tempo un crescente carattere di temporaneità, soprattutto dopo il 2016.

Ed esclusivamente in questo specchio d’acqua nei Sibillini vive quel rarissimo crostaceo, il Chirocefalo del Marchesoni appunto, che comunque nel corso dei secoli ha evoluto una strategia riproduttiva che gli consente di sopravvivere in condizioni ambientali estreme e instabili.

Il suo ciclo biologico è rapido e le uova, le cosiddette “cisti”, possono resistere per oltre un anno in uno stato di quiescenza tra la ghiaia anche in assenza di acqua. Ma il ripetersi per più anni consecutivi di condizioni di siccità mettono senza dubbio a rischio la sopravvivenza della specie. Inoltre, le sue uova sono particolarmente vulnerabili a danni meccanici come quelli causati dal calpestio sulla ghiaia in cui sono deposte. Per questo motivo, le misure di conservazione del Parco non consentono l’avvicinamento al lago oltre la linea di massimo livello.

Rispettiamo quindi la distanza indicata per non danneggiare le uova!, concludono dal Parco.

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