#LaGiustaCausa contro ENI: oggi la prima udienza della causa civile per i danni causati all’ambiente

Si tiene oggi 16 febbraio la prima udienza de “La giusta causa”, l’azione legale lanciata da Greenpeace Italia, ReCommon e 12 tra cittadine e cittadini italiani contro ENI, la più grande multinazionale fossile italiana, per i danni "cagionati e futuri" derivanti dai cambiamenti climatici cui ha contribuito con la sua stessa condotta

È in programma oggi la prima udienza della causa civile contro ENI: il giudice riceverà i documenti da entrambe le parti a processo e deciderà sulle sorti della causa stessa.

Furono Greenpeace, insieme a ReCommon e 12 cittadine e cittadini, il 9 maggio 2023 a dichiarare di voler trascinare ENI in tribunale, con Cassa Depositi e Prestiti e Ministero dell’Economia e delle Finanze in qualità di suoi azionisti, per costringere l’azienda a ridurre le sue emissioni.

Ne abbiamo parlato qui: #LaGiustaCausa, ENI trascinata in tribunale per la prima volta in una causa civile per i danni causati all’ambiente 

Si tratta del primo caso mai registrato in Italia di climate litigation (azioni di contenzioso climatico il cui numero complessivo sta comunque aumentando in tutto il mondo) contro un soggetto di diritto privato, ENI, al quale si chiede di rivedere la propria strategia industriale per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima e che vengano riconosciute le sue responsabilità nella crisi climatica.

All’azienda petrolifera si chiede di “rivedere la propria strategia industriale per ridurre le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, come indicato dalla comunità scientifica internazionale per mantenere l’aumento medio della temperatura globale entro 1.5°C”.

Ma come si difende ENI?

Sono proprio Greenpeace Italia e ReCommon a rispondere con un report in cui mettono in evidenza come, nell’ambito del contenzioso climatico, ENI abbia chiesto una consulenza tecnica a personalità tutt’altro che indipendenti e anche a chi, a più riprese, ha espresso posizioni negazioniste in fatto di riscaldamento globale.

Si tratterebbe di personaggi che negli anni hanno diffuso anche in Italia teorie senza fondamento sui cambiamenti climatici, lasciandosi andare a dure opinioni contro l’IPCC, ovvero la massima autorità scientifica in materia a livello globale, e intessendo una fitta rete di rapporti con le più note organizzazioni negazioniste globali, e di esperti presentati come “indipendenti” e che invece hanno all’attivo collaborazioni pluridecennali con le più grandi aziende globali dei combustibili fossili, come Exxon, BP e la stessa ENI.

Si può ritenere attendibile, nell’ambito di un contenzioso climatico, la consulenza di chi ha spesso sposato in prima persona e diffuso posizioni negazioniste in fatto di cambiamenti climatici? Si può ritenere libero di giudizio un esperto chiamato a dare un parere in merito all’operato di una azienda fossile se questo stesso esperto ha ricevuto in passato compensi da questa stessa compagnia?, chiedono le due organizzazioni, che sottolineano di avere presentato al tribunale solo documentazioni indipendenti e affidabili. «Ci auguriamo che il giudice rigetti le numerose e pretestuose obiezioni mosse da ENI e dalle altre parti e istruisca invece il processo, permettendo un ampio confronto che porti a un radicale cambiamento nelle strategie industriali dell’azienda, facendone un protagonista nel contrasto alla crisi climatica anziché uno dei principali responsabili.

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