Con questo nuovo dato, contenuto nel nuovo rapporto di Global Witness, il numero totale di omicidi compiuti dal 2012 arriva a 2.106. La Colombia è il Paese più pericoloso, seguito da Brasile, Messico e Honduras
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Intimiditi, minacciati, attaccati, criminalizzati e, infine, ammazzati. Centonovantasei difensori dell’ambiente sono stati uccisi nel 2023. La loro colpa? Aver coraggiosamente preso una posizione per tutelare i diritti umani e il nostro Pianeta.
È il dato emerso dal nuovo rapporto di Global Witness, pubblicato il 10 settembre, che racconta un tributo di sangue che ha portato il totale delle vittime a 2.106 dal 2012, anno in cui l’Ong con sede a Londra e Washington ha iniziato a raccogliere questi dati.
La Colombia, epicentro della violenza
Per il secondo anno consecutivo, la Colombia si conferma il Paese più pericoloso al mondo per chi decide di dedicare la propria vita alla difesa dell’ambiente. Nel 2023, 79 attivisti sono stati assassinati, un record nella storia del monitoraggio di Global Witness. Dal 2012, il numero totale di omicidi nello Stato sudamericano ha raggiunto la cifra di 461, la più alta a livello globale.
L’America Latina sotto assedio
L’America Latina rimane la regione più pericolosa per i difensori ambientali, con il 166 omicidi registrati nel 2023. Brasile, Messico e Honduras seguono la Colombia nella macabra classifica, con rispettivamente 25, 18 e 18 omicidi. L’Honduras, in particolare, detiene il primato di Paese con il più alto numero di omicidi pro capite nel 2023.
Popoli indigeni e afrodiscendenti nel mirino
La violenza si accanisce in modo sproporzionato contro i popoli indigeni e le comunità afrodiscendenti, che rappresentano quasi la metà delle vittime totali. Sono spesso proprio loro, custodi di territori e saperi ancestrali, in prima linea nella resistenza contro lo sfruttamento delle risorse naturali e la distruzione degli ecosistemi.
Le industrie estrattive, motore della violenza
Sebbene sia difficile stabilire un legame diretto tra gli omicidi e specifici interessi aziendali, il rapporto identifica l’attività mineraria come il principale motore della violenza, con 25 difensori uccisi nel 2023 per essersi opposti a progetti estrattivi. L’America Latina è stata teatro di oltre la metà degli omicidi legati all’attività mineraria tra il 2012 e il 2023, mentre l’Asia, ricca di minerali critici per la transizione energetica, ha registrato oltre il 40% di questi omicidi.
Una repressione senza confini
La violenza contro i difensori dell’ambiente non si limita all’America Latina. In Asia, governi e altri attori ricorrono sempre più spesso a rapimenti e sparizioni forzate per mettere a tacere chi si oppone allo sfruttamento ambientale. Le Filippine, in particolare, sono teatro di una brutale repressione, con 298 difensori uccisi tra il 2012 e il 2023.
Persino in Europa, Regno Unito e Stati Uniti, la libertà di protestare è sempre più minacciata. Leggi anti-protesta sempre più restrittive vengono utilizzate per criminalizzare gli attivisti climatici, con arresti, detenzioni preventive e condanne sproporzionate, denuncia il report. La criminalizzazione dei difensori, dipinti come estremisti o eco-terroristi, sta soffocando il dissenso e limitando le libertà democratiche.
La voce degli attivisti
“Mentre la crisi climatica accelera, coloro che usano la propria voce per difendere coraggiosamente il nostro pianeta vengono accolti con violenza, intimidazioni e omicidi“, denuncia Laura Furones di Global Witness. “I governi non possono restare inerti; devono adottare misure decisive per proteggere i difensori e affrontare i fattori scatenanti della violenza contro di loro”.
Jonila Castro, attivista filippina rapita e criminalizzata, sottolinea l’urgenza di proteggere chi si batte per l’ambiente: “La nostra esperienza evidenzia l’urgente necessità di una maggiore protezione e riconoscimento degli attivisti della comunità e dei difensori dell’ambiente nella lotta globale per la giustizia climatica“.
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