La russa Rosgeo, la più grande compagnia di esplorazione geologica in Russia, ha scoperto riserve di petrolio e di gas in territorio britannico nell'Antartico, scatenando – com’è ovvio – timori di trivellazioni
Riserve pari a circa 10 volte la produzione del Mare del Nord negli ultimi 50 anni, ossia circa 500 miliardi di barili di petrolio. Numeri da capogiro quelli delle immense riserve di petrolio e gas che la Russia avrebbe scovato nel territorio antartico, gran parte del quale in aree rivendicate dal Regno Unito.
Cosa c’è da preoccuparsi? Beh, che innanzitutto si potrebbero in questo modo avviare delle trivellazioni in una regione attualmente protetta dal Trattato sull’Antartide del 1959, che – appunto – vieta tutti gli sviluppi petroliferi nell’area.
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Ma rimane un ma: quelle riserve – per un totale di 511 miliardi di barili di petrolio – sono state segnalate a Mosca da navi da ricerca russe, secondo le prove fornite la settimana scorsa al britannico Commons Environmental Audit Committee (il Comitato di controllo ambientale della Camera dei Comuni, EAC), e come “semplici” risultati di attività di ricerca. Quindi c’è da stare tranquilli?
Come sono andate le cose (e come potrebbero andare in futuro)
Nell’ambito dell’esame in corso degli interessi del Regno Unito in Antartide, la scorsa settimana il Comitato di controllo ambientale ha tenuto una sessione speciale sull’esplorazione petrolifera russa nella regione polare. L’inchiesta ha visto tre ministri interrogati sulle attività di prospezione petrolifera russa in Antartide, che si ritiene rientrino nel territorio rivendicato dal Regno Unito nella regione.
Nel 2020, la società russa di esplorazione mineraria Rosgeo aveva riferito che la sua nave da ricerca Alexander Karpinsky aveva completato un’indagine geologica del sottosuolo, mappando le prospettive di giacimento di petrolio e gas sulle piattaforme di ghiaccio antartiche. Lo studio faceva parte della 65a spedizione antartica russa e all’epoca, l’esplorazione copriva la parte sud-orientale del Mare Riiser-Larsen al largo della costa della Terra della Regina Maud, una regione antartica rivendicata dalla Norvegia.
Tuttavia, secondo l’EAC, è dal 2011 che sono state effettuate indagini sismiche russe al largo del Mare di Weddell, che rientra nel territorio antartico del Regno Unito. Secondo Rosgeo, le sue indagini hanno rivelato circa 500 miliardi di barili (70 miliardi di tonnellate) di potenziale di idrocarburi nei bacini dell’Oceano Antartico.
Presentando le sue osservazioni all’EAC, il sottosegretario all’Ufficio esteri, Commonwealth e Sviluppo David Rutley, ha affermato che la Russia si è impegnata a rispettare il Trattato sull’Antartide. Nel 1976, le nazioni firmatarie del trattato decisero di imporre una moratoria sull’esplorazione e lo sfruttamento dei minerali antartici, adottando un approccio precauzionale per proteggere la regione.
Ma Paesi proprio come la Russia hanno continuato con l’esplorazione mineraria sotto la maschera della ricerca scientifica, consentita dallo stesso trattato. In totale, l’Antartide ha sette “pretendenti” storici, tra cui Argentina, Australia, Cile, Francia, Nuova Zelanda, Norvegia e Regno Unito. Rivendicazioni di proprietà sospese proprio quando fu negoziato il Trattato sull’Antartide nel 1959, rendendo l’Antartide una enorme “terra di nessuno”.
Sfortunatamente, la governance delle regioni polari della terra è stata messa a dura prova da quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel 2022. Secondo gli esperti, il peggioramento delle relazioni tra Russia e Occidente potrebbe culminare in una competizione piuttosto che in una collaborazione per preservare l’integrità dell’Antartide. Ciò ha già iniziato a manifestarsi, con Cina e Russia che bloccano i tentativi di altre nazioni del trattato sull’Antartide di espandere le aree marine protette nella regione.
La raccolta di dati sismici da parte della Russia in Antartide viene interpretata come segnale di una potenziale minaccia al divieto permanente di estrazione mineraria, con implicazioni a catena per l’integrità del protocollo nella sua interezza. L’attuale attività russa è preoccupante, conclude Klaus Dodds, professore di geopolitica all’Università di Londra.
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