Così la pesca con esplosivi distrugge barriere coralline e fa strage di pesci: neanche i divieti fermano la devastante attività nello Sri Lanka

La pesca con esplosivi è una delle più gravi minacce ai nostri ecosistemi marini. Eppure quest'attività, che provoca veri e propri disastri ambientali, continua ad essere un'attività radicata soprattutto nei Paesi asiatici come lo Sri Lanka. E gli effetti a lungo termine sono drammatici

Stordisce e uccide pesci e altri animali marini, devasta le barriere coralline, aggravando anche la piaga dell’inquinamento sia ambientale che acustico. A provcare tutto questo è la pesca con esplosivi, un’attività crudele e pericolosa che – nonostante i divieti – continua ad essere praticata in vari Paesi del mondo.

Uno fra questi è lo Sri Lanka, dove questa pratica rappresenta “la gallina dalle uova d’oro” per i pescatori di frodo, come sottolineato dal National Fisheries Solidarity Movement, che promuove un tipo di pesca sostenibile nel Paese.

In cosa consiste la pesca con esplosivi e le sue terribili conseguenze

La pesca con esplosivi, detta anche pesca la dinamite, prevede l’uso di bombe – spesso rudimentali – per stordire e sterminare banchi di pesci e facilitarne la raccolta.

In genere vengono impiegati ordigni artiginali o viene fissata la dinamite a delle pietre che servono da zavorra, con una miccia più o meno lunga che determina il tempo di ritardo per raggiungere la profondità desiderata. Al momento dell’esplosione, tutto ciò che si trova nel raggio di 100 metri viene distrutto: barriere coralline (già a rischio sbiancamento a causa delle ondate di calore sempre più frequenti), piante acquatiche, animali e uova. A scappare via terrorizzati e storditi anche uccelli come i gabbiani.

Solitamente questo tipo di pesca – che rappresenta un’enorme minaccia per gli ecosistemi – viene praticata durante le ore del giorno, ma alcuni pescatori di frodo sono attivi anche la notte, quando utilizzano delle luci per attirare i pesci, che vengono poi uccisi in massa dall’ordigno.

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Una pratica ancora diffusa anche se illegale

Sebbene la pesca con gli esplosivi sia stata messa al bando da numerosi Paesi, purtroppo continua a rappresentare una pratica ancora troppo diffusa nel Sud-Est Asiatico, soprattutto nello Sri Lanka e in Indonesia, e sulle coste africane, in particolare in Tanzania.

Tra il 2019 e il 2023, le autorità dello Sri Lanka hanno sequestrato oltre 3000 detonatori e circa 12.500 bastonici luminosi utilizzati dai pescatori di frodo e questi potrebbero essere solo la punta dell’iceberg. Neanche le aree più fragili e ricche di biodiversità come Il Parco marino di Pigeon Island vengono risparmiati da questo scempio.

L’elemento ancor più assurdo è che circa la metà dei pesci uccisi dagli esplosivi non viene neanche pescato. “I pesci morti vengono trascinati a riva anche due giorni dopo l’esplosione” sottolinea Augustine Sosai, docente ormai in pensione dell’Università srilankeses di Jaffna. Come racconta l’esperto, sulle coste sono stati trovati diversi esemplari di specie a rischio estinzione come i delfini, le tartarughe e i dugonghi, mentre i coralli che si trovano nel nord-ovest del Paese sono stati pesantemente danneggiati.

Anche nel nostro Paese la pesca con esplosivi è severamente vietata. Come stabilito dalla Cassazione, chi non rispetta legge commette il delitto di disastro ambientale, rischiando la reclusione dai 5 ai 15 anni. Purtroppo, però, non mancano le violazioni. Una risale allo scorso anno, quando all’interno dell’Area Marina Protetta di Isola di Capo Rizzuto le forze dell’ordine hanno beccato un pescatore di frodo che stava utilizzando un ordigno esplosivo, confezionato artigianalmente, dal peso complessivo di 2,400 chili.

Secondo uno studio coordinato dall’Università del New England e apparso sulla rivista Biological Conservationnegli, negli decenni questa attività distruttiva è diventata un problema a livello globale e viene praticata in varie aree dell’Africa, dell’Asia, del Sud America e dell’Europa perché i pescatori di frodo riescono a costruire con più facilità gli ordigni esplosivi.

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Fonti: National Fisheries Solidarity Movement/The Guardian/Biological Conservation

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