La Norvegia rinuncia (per ora) a suoi progetti di estrazione mineraria nelle acque profonde dell’Artico

È il più grande produttore di petrolio e gas in Europa occidentale ed era intenta a diventare anche uno dei primi Paesi ad autorizzare l’estrazione mineraria nelle acque profonde, ma ora la Norvegia fa un passo indietro

Stop all’estrazione mineraria nei fondali dell’Artico: la Norvegia non rilascerà, come inizialmente previsto, i permessi per la prospezione mineraria subacquea nelle sue acque almeno nel 2025.

Ad annunciarlo in queste ore è SV, un piccolo partito ambientalista di minoranza al Governo che ha “semplicemente” barattato questa decisione con il suo sostegno al bilancio fiscale annuale.

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Nessun annuncio di concessioni per l’estrazione mineraria dei fondali marini nel 2024 e nel 2025, ha dichiarato il partito della Sinistra Socialista.

Era all’inizio di quest’anno che il Parlamento norvegese aveva votato a favore del cosiddetto Deep Sea Mining, ossia proprio le estrazioni minerarie dai fondali dell’Artico. Il piano prevedeva il via libera alle attività in un’area compresa tra le Svalbard, la Groenlandia, l’Islanda e l’isola di Jan Mayen, la cui superficie è pari all’incirca a quella dell’Italia (281.000 chilometri quadri).

La Norvegia, le cui vaste riserve di idrocarburi l’hanno resa uno dei Paesi più ricchi del mondo, ha assunto un ruolo di primo piano nella corsa globale all’estrazione dei metalli che sono molto richiesti mentre le nazioni si allontanano dai combustibili fossili. Ora il Governo ha detto stop ma una cosa resta putroppo: ha fretta a dichiarare che, sebbene il piano sia stato adesso sospeso, il lavoro preparatorio continuerà, compresa la creazione di regolamenti e la mappatura dell’impatto ambientale.

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