I fondali dell’Area marina protetta di Portofino sono quasi del tutto coperti di mucillagine. Ma non è solo qui che si verificano gli effetti di un mare eccessivamente caldo
Già da fine giugno, circa il 95-100% dei fondali tra i 15 e i 30 metri di profondità nell’Area marina protetta di Portofino era ricoperto di mucillagine con gravi rischi per la biodiversità che popola i fondali: Le mucillagini, infatti, hanno un impatto estremamente dannoso sulle comunità bentoniche, in particolare su coralli, bivalvi, coralligeno in generale e prateria di Posidonia, sospendendo i processi fisiologici di questi organismi.
Sono i dati che emergono dalle analisi sulle ultime rilevazioni subacquee effettuate da Greenpeace Italia in collaborazione con il DiSTAV dell’Università di Genova nell’ambito di “Mare Caldo”, il progetto che monitora gli effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini costieri di scogliera rocciosa.
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Ad esempio, la Pinna nobilis, ormai quasi estinta nel bacino del Mediterraneo, potrebbe scomparire definitivamente se ricoperta di mucillagine nelle rare zone dove si registra la presenza di pochi individui. Inoltre, la mucillagine può danneggiare anche il settore della pesca e compromettere quello del turismo, spiega Valentina Di Miccoli della campagna Mare di Greenpeace Italia.
Cosa sono le mucillagini
Si tratta di materiale organico particellare che forma uno strato gelatinoso sui fondali marini, ricoprendo tutte le specie che vivono a stretto contatto con il fondale. Alcune precise condizioni, come l’aumento della temperatura delle acque, la bassa intensità del vento, l’inquinamento e il carico di materia organica, possono contribuire a un eccesso di produzione di mucillagine da parte di alcune specie di alghe.
In generale la mucillagine si forma in superficie ma poi cade sul fondo per effetto della gravità andando a ricoprire completamente gli organismi bentonici che vivono a stretto contatto con il substrato roccioso.
Generalmente questo fenomeno si osserva un po’ più in là nella stagione – dice Monica Montefalcone, del DISTAV dell’Università di Genova – dopo la comparsa del cosiddetto termoclino estivo, cioè lo strato d’acqua che separa le acque superficiali da quelle più profonde e dove la temperatura subisce un rapido cambiamento. Al momento del nostro monitoraggio, gli organismi mostravano ancora un discreto stato di salute, ma se la mucillagine permarrà per tutta l’estate, è probabile che molti di essi cominceranno a soffocare e moriranno a inizio autunno.
Il rapporto
I nostri mari stanno subendo profonde trasformazioni per gli effetti del cambiamento climatico e delle anomalie termiche. Le gorgonie mostrano sempre più segni di mortalità, mentre si diffondono le specie termofile come il famigerato vermocane e quelle aliene provenienti dai tropici, che prediligono acque più calde.
Lo dicono i dati raccolti nel 2023 proprio nell’ambito del progetto Mare Caldo per monitorare gli impatti della crisi climatica sulla biodiversità marina delle comunità di scogliera.
Nelle 12 aree di studio italiane che partecipano al progetto, di cui 11 sono in aree marine protette (AMP), appaiono evidenti gli effetti del riscaldamento dell’acqua, indipendentemente dalla localizzazione geografica e dal diverso livello di protezione ambientale. Il confronto tra le diverse aree ha evidenziato lo stato di maggiore sofferenza dell’ecosistema marino dell’Isola d’Elba, l’unica area non protetta tra quelle monitorate dal progetto Mare Caldo. Qui le comunità di scogliera sono infatti fortemente dominate da alcune specie e risultano essere meno resilienti alle conseguenze del cambiamento climatico.
Nel 2023 sono stati condotti i monitoraggi biologici nelle AMP di Capo Milazzo e delle Isole Tremiti. Gli organismi più sensibili sono risultati le diverse specie di gorgonie (Eunicella cavolini, Eunicella singularis, e Paramuricea clavata), apparse spesso coperte dalla mucillagine, che in alcuni casi arrivava a coprire il 30-40% delle colonie. Segni importanti di sbiancamento sono stati riscontrati sulle alghe corallinacee incrostanti e sui madreporari Cladocora coespitosa e Astroides calycularis.
I monitoraggi condotti in questi anni indicano che le specie termofile tipiche di acque più calde, tra cui il pesce pappagallo (Sparisoma cretense), il barracuda mediterraneo (Sphyraena viridensis) e il vermocane (Hermodice carunculata), diventano sempre più abbondanti, specialmente nel sud Italia. Infine, sono sempre più frequenti le specie aliene provenienti dai mari tropicali che non fanno che alterare la biodiversità dei nostri mari e generano profonde alterazioni negli ecosistemi marini: ne sono un concreto esempio le specie di alghe verdi Caulerpa cylindracea e Caulerpa taxifolia.
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