La Nuova Zelanda della Ardern si unisce ad altri 32, tra cui Canada, Francia e Gran Bretagna, che hanno dichiarato un’emergenza climatica.
La Nuova Zelanda ha dichiarato emergenza climatica, impegnandosi in un’azione urgente per ridurre le emissioni. La mozione è stata approvata in queste ore in Parlamento e in questo modo il Paese guidato da Jacinda Ardern si unisce ad altri 32, tra cui Canada, Francia e Gran Bretagna, che hanno dichiarato un’emergenza climatica.
Una decisione annunciata dalla stessa prima ministra e che si basa sui risultati del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici secondo cui per evitare un aumento di oltre 1,5 gradi, le emissioni dovrebbero diminuire di circa il 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2023 e approssimarsi allo zero intorno al 2050.
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“Dichiarare un’emergenza è solo uno dei tanti passi che questo governo sta compiendo per affrontare il cambiamento climatico – si legge nel comunicato. La Nuova Zelanda si è già impegnata a rispettare l’accordo di Parigi e sta intraprendendo azioni urgenti per la mitigazione dei gas serra e l’adattamento ai cambiamenti climatici”.
Dichiarando un’emergenza climatica, la Nuova Zelanda si unisce alle oltre 1.800 giurisdizioni in 32 Paesi per ridurre le emissioni ed evitare un aumento di oltre 1,5° C del riscaldamento globale.
“Riconosciamo che il cambiamento climatico è una delle maggiori minacce che affrontiamo e che è necessaria un’azione ora per proteggere i neozelandesi, il nostro ambiente, le nostre industrie primarie, la nostra salute pubblica ei nostri vicini del Pacifico”.
La Ardern, che è tornata al potere a ottobre ottenendo la più grande vittoria elettorale per il suo partito laburista di centrosinistra in mezzo secolo, ha definito il cambiamento climatico il “momento della nostra generazione libero dal nucleare”.
Nel suo primo mandato ha approvato lo Zero Carbon Bill, che stabilisce il quadro per le emissioni zero entro il 2050 (con un’esenzione per l’agricoltura) e ha vietato la nuova esplorazione offshore di petrolio e gas.
Ora, il suo governo ha anche affermato che il settore pubblico dovrà raggiungere la neutralità carbonica (l’azzeramento delle emissioni nette di gas ad effetto serra) entro il 2025 e di effettuare una transizione energetica che porti ad una produzione basata al 100% su fonti rinnovabili, entro il 2035. Le agenzie governative, inoltre, dovrebbero misurare e rendicontare pubblicamente le emissioni e compensare quelle che non possono tagliare entro il 2025.
#BREAKING Parliament has declared a climate emergency, committing New Zealand to urgent action on reducing emissions. As part of our ongoing work to tackle climate change, we've also announced the Government will be carbon neutral by 2025. Read more: https://t.co/u96P5gMBAg pic.twitter.com/gUaDMnQ1dB
— New Zealand Labour (@nzlabour) December 2, 2020
Non è tutt’oro quel che luccica
Dal canto loro, associazioni come Climate Action Tracker e Greenpeace hanno sì accolto con favore la dichiarazione di emergenza climatica della Ardern, ma hanno sfidato il governo a portare avanti azioni concrete:
“Affinché la dichiarazione di emergenza climatica di Jacinda Ardern sia più di semplici parole, ciò significa affrontare la più grande fonte di inquinamento climatico della Nuova Zelanda: l’agricoltura“, ha affermato Kate Simcock, attivista per l’agricoltura e il clima di Greenpeace.
In più, Greenpeace sottolinea come nel piano sulla carbon neutrality sia stato escluso il metano (per preservare il settore degli allevamenti), sebbene questo gas sia tra più dannosi per il clima.
For Jacinda Ardern’s climate emergency declaration to be more than just words, that means tackling New Zealand’s largest source of climate pollution: agriculture. #InclusiveClimateAction #BuildBackBetter https://t.co/ze5Td9OBgD
— Greenpeace International (@Greenpeace) December 2, 2020
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Fonti: Labour NZ
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