I nostri cieli sono diventati rossastri e le auto si sono riempite di “polvere sahariana” in questi giorni festivi: ecco di cosa si è trattato
La recente presenza di polvere sahariana su tutta Italia con i cieli che sono diventati rossastri ha suscitato interesse e preoccupazione per i suoi effetti radiativi e climatici. Contrariamente alla sua denominazione comune di “sabbia”, la polvere trasportata dall’Africa settentrionale è composta principalmente da particelle di limo, con dimensioni comprese tra 10 e 50 micrometri.
Questo materiale assume un caratteristico colore giallo-rossastro a causa dell’alta concentrazione di ossidi di ferro, come goethite ed ematite. Durante il suo trasporto attraverso l’atmosfera, la polvere sahariana interagisce con l’inquinamento atmosferico, catturando metalli e semimetalli volatili come arsenico, zinco, mercurio, cadmio e piombo.
Questi elementi si depositano sulle particelle minerali, influenzando la composizione chimica del suolo e dell’aria. L’arrivo della polvere sahariana può portare un importante contributo di micronutrienti come ferro e fosforo, favorendo lo sviluppo di determinati tipi di suolo, come le terre rosse su substrati calcarei e dolomitici.
Quali sono le conseguenze della polvere sahariana
Dal punto di vista climatico, la polvere sahariana ha effetti contrastanti: durante il trasporto, riscalda l’atmosfera in quota ma raffredda la superficie terrestre. Inoltre, depositandosi sulla neve, riduce il suo albedo, cioè la capacità di riflettere la luce solare, aumentando così l’energia disponibile per la fusione.
Un’altra conseguenza importante è il fertilizzante fitoplanctonico, soprattutto in mare aperto, dove favorisce la crescita del fitoplancton e il sequestro di carbonio nei sedimenti profondi. Insieme alla polvere, vengono trasportate anche grandi quantità di pollini, rivelando al microscopio la presenza di specie vegetali tipiche del Sahara.
Infine gli eventi di trasporto massiccio lasciano tracce temporali nei ghiacciai alpini: se lo strato di neve contaminata si trasforma in ghiaccio e rimane intrappolato sotto successive nevicate, può essere utilizzato come strumento di datazione precisa per lo studio delle carote di ghiaccio.
La polvere sahariana, dunque, non è solo un fenomeno atmosferico di interesse scientifico, ma anche un elemento importante per comprendere gli effetti e le dinamiche climatiche e ambientali nelle regioni alpine e non solo.
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