L'l'Italia è 26esima al Climate Change Performance Index per uno sviluppo delle rinnovabili assente e politica climatica nazionale inadeguata.
Sviluppo delle rinnovabili quasi assente e una politica climatica nazionale inadeguata agli obiettivi di Parigi ed è così che l’Italia si piazza al 26esimo in fatto di performance ambientali. A dirlo è il rapporto Climate Change Performance Index 2020 presentato a Madrid alla Cop25 e realizzato da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute, con la collaborazione di Legambiente per l’Italia, secondo cui il nostro Paese in un anno ha perso tre posizioni ed è sceso alla numero 26.
All’indomani della tanto attesa approvazione del Decreto clima, insomma, il Belpaese mostra di essere ancora un fanalino di coda su tematiche ambientali, con azioni messe in campo per fronteggiare la crisi climatica non sufficienti e del tutto inadeguate.
È quanto emerge dal Rapporto che, attenzione, come gli anni precedenti ha lasciato scoperte le prime tre posizioni della classifica perché nessuno dei Paesi ha raggiunto la performance necessaria per contrastare in maniera efficace i cambiamenti climatici in corso, in coerenza con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, e per non superare la soglia critica di 1.5° C.
Lo studio
Nello studio si prendono in considerazione le prestazioni di protezione del clima di 57 Paesi e dell’Unione Europea (UE), che sono insieme responsabili di oltre il 90% del gas serra globale (GHG).
La performance è misurata, attraverso il Climate Change Performance Index (Ccpi), prendendo come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030. Il Ccpi si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo sia delle rinnovabili che dell’efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.
Quest’anno per la prima volta il Cile, in quanto Paese che detiene la presidenza della Cop25, viene aggiunto al Ccpi.
Con l’obiettivo di fornire una valutazione completa ed equilibrata dei diversi Paesi valutati, sono in totale 14 indicatori presi in considerazione, tra cui GHG emissioni, energie rinnovabili, uso di energia e politiche climatiche.
Al 4° posto primeggia ancora una volta la Svezia con la sua “ambiziosa politica climatica e una continua crescita delle rinnovabili”, seguita dalla Danimarca che fa un balzo in avanti di 10 posizioni rispetto all’anno scorso. Sorprendono il Marocco al sesto posto e, tra i Paesi emergenti, l’India che migliora la sua performance piazzandosi al 9° posto, grazie alle basse emissioni pro-capite e al considerevole sviluppo delle rinnovabili. La Germania balza al 23esimo posto grazie alla recente approvazione del pacchetto clima, che prevede tra le altre cose il phasing-out del carbone entro il 2038.
Miglioramenti anche per la Cina che raggiunge il 30esimo posto, anche se la scarsa performance nella riduzione delle emissioni e nell’efficienza energetica continuano ad avere un peso negativo sul suo ranking.
Inoltre, per la prima volta da quando esiste questa classifica, l’Arabia Saudita lascia il 61esimo e ultimo posto cedendolo agli Stati Uniti di Trump che continuano ad andare indietro in quasi tutti gli indicatori. In fondo alla classifica, prima di Arabia Saudita e Usa, si collocano Iran (57), Corea del sud (58), Taiwan (59).
La posizione dell’Italia
Va male l’Italia che perde tre posizioni rispetto all’anno scorso e ben 10 rispetto a due anni fa. Il nostro Paese registra una piccola riduzione delle emissioni, ma rallenta sul fronte dello sviluppo delle rinnovabili e segue una politica climatica nazionale inadeguata agli obiettivi di Parigi.
“Numeri che confermano la fragilità del nostro Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) che consentirà solo una riduzione delle emissioni al 2030 di appena il 37%. Un passo indietro rispetto alla Strategia Energetica Nazionale (SEN) adottata nel dicembre 2017 che fissava un obiettivo del 42%”, denunciano da Legambiente.
In ogni caso è l’intera Unione europea a fare un notevole passo indietro nella classifica CCPI, piazzandosi al 22esimo posto rispetto al 16esimo del 2018, a causa della scarsa efficacia delle politiche nazionali che rischiano di compromettere il raggiungimento degli obiettivi al 2030 per clima ed energia.
“L’Italia può e deve fare la sua parte nella lotta alla crisi climatica, ma serve un drastico cambio di passo rispetto al Piano Nazionale Integrato Energia e Clima proposto dal governo. Nel piano italiano non si va oltre una prospettiva di riduzione delle emissioni di appena il 37%, con una proiezione al 2050 del 64%”, conclude il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini.
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