Sentenza storica: inquinare un fiume significa violare i suoi diritti (e ora andrà bonificato)

Grazie all’impegno di una comunità indigena e della GARN, il fiume Machángara dovrà essere sottoposto a bonifica dal comune di Quito che ne ha violato i diritti usandolo come scarico fognario, causandone un grave inquinamento

Il 5 luglio 2024, un tribunale dell’Ecuador ha riconosciuto i diritti giuridici del fiume Machángara, stabilendo che il comune di Quito ha violato questi diritti permettendo l’inquinamento del fiume. Quito, situata a 2.880 metri di altitudine, è attraversata da molti fiumi montani, tra cui il Machángara che, lungo il suo corso di 22 chilometri, viene sfruttato come scarico fognario, con conseguenze negative per l’ecosistema acquatico.

Il fiume, che scorre dalle Ande attraverso Quito, è gravemente inquinato. Come detto, le sue acque sono usate come scarico fognario senza trattamento, riducendo il livello di ossigeno a soli 2%, rendendo l’ambiente ostile per gli organismi acquatici. La situazione è così critica che il fiume è stato descritto dagli attivisti come una discarica.

La Costituzione dell’Ecuador, dal 2008, riconosce i diritti della natura (ed è il primo Paese al mondo a farlo). L’articolo 71 stabilisce che la natura ha diritto di esistere, essere conservata e rigenerata. Ogni cittadino o comunità può quindi chiedere alle autorità di rispettare questi diritti. Questa innovativa disposizione costituzionale ha portato a numerose sentenze a favore dell’ambiente.

La natura non come una risorsa da sfruttare

Nel caso del Machángara, la causa è stata avviata dai Kitu Kara, una comunità indigena, e dall’organizzazione ambientalista internazionale Global Alliance for the Rights of Nature (GARN) sostenendo che l’inquinamento del fiume rappresenta una violazione dei diritti costituzionali della natura.

Il tribunale ha accolto questa posizione e ordinato al comune di Quito di preparare un piano per la decontaminazione del fiume, anche se il comune ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso. Si tratta di una sentenza senza precedenti per la tutela ambientale, evidenziando come i diritti della natura possano essere applicati concretamente per proteggere gli ecosistemi.

La decisione del tribunale ecuadoriano sottolinea l’importanza di considerare la natura non come una risorsa da sfruttare, ma come un’entità con diritti propri. Questo approccio potrebbe diventare un modello globale, promuovendo una maggiore responsabilità ambientale e un impegno concreto nella protezione della natura.

L’Ecuador non è l’unica Nazione a riconoscere i diritti delle entità naturali. Paesi come Bolivia, Messico e Colombia hanno seguito un percorso simile, mentre in Nuova Zelanda, Australia e Bangladesh sono state promulgate leggi specifiche per proteggere i fiumi. Le comunità indigene hanno spesso svolto un ruolo cruciale in queste iniziative.

Questa evoluzione giuridica risale a un’idea proposta nel 1972 dal giurista statunitense Christopher Stone, ma solo recentemente ha guadagnato maggiore attenzione a causa della crescente consapevolezza dei danni ambientali causati dalle attività umane.

Uno studio pubblicato su Ecological Economics sottolinea come l’attribuzione di diritti alle entità naturali permetta ai cittadini di intraprendere azioni legali per proteggere gli ecosistemi, anche in assenza di danni diretti alle persone.

Tuttavia, rimangono sfide significative. Non esiste un consenso internazionale su come dovrebbero essere definiti e difesi i diritti delle entità naturali, e ci sono questioni complesse riguardo alla definizione giuridica di un fiume. Questi interrogativi evidenziano la necessità di ulteriori sviluppi legali per integrare i diritti della natura nei sistemi giuridici esistenti, spesso centrati sul concetto di proprietà.

🌿🌊 ¡Victoria de los #DerechosdelaNaturaleza: El #RíoMachángara en Ecuador es sujeto de derechos!

Esta decisión representa un gran avance en la protección y descontaminación de uno de los ríos más vulnerables del país.

Más información: https://t.co/iAb42J0XpZ pic.twitter.com/3pb7ihGlhp

— Global Alliance for the Rights of Nature – GARN (@garnglobal) July 5, 2024

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