Così il lockdown ha fermato lo smog nelle città, biossido di azoto in calo di oltre il 40%

Il blocco della viabilità che si è verificato nei mesi di lockdown avrebbe avuto effetti positivi sull’inquinamento delle nostre città

Il blocco della viabilità che si è verificato nei mesi di lockdown avrebbe avuto effetti positivi sull’inquinamento delle nostre città

La pandemia da Covid-19 ha costretto fabbriche e industrie a fermarsi per scongiurare il rischio di aumento dei contagi, e portato tantissime persone a isolarsi e lavorare da casa. Questo cambiamento, se da una parte ha minato la nostra socialità e la nostra psiche, dall’altra ha rappresentato un bene per l’ambiente, poiché si è tradotto in una sensibile diminuzione dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città: il web è stato inondato di immagini di città proverbialmente inquinatissime (Los Angeles, Nuova Delhi, Pechino) in cui è stato possibile rivedere i profili di montagne e monumenti, finora perennemente nascoste da coltri di smog.

Ora uno studio messo a punto dai ricercatori della Washington University di St. Louis ha mostrato i reali cambiamenti che sono avvenuti nelle atmosfere delle città attraverso l’ausilio di immagini satellitari e misurazioni dei livelli di biossido di azoto (NO2) solitamente associato allo smog derivante dal traffico delle auto o dal funzionamento degli impianti industriali. L’innovativo metodo messo a punto dai ricercatori ha permesso di monitorare anche aree piccole come quartieri, nonché di accedere ad aree urbane dove non è possibile effettuare misurazioni “a terra”.

Possiamo determinare le differenze, non solo da città a città, ma all’interno delle città abbiamo riscontrato differenze interessanti nei livelli di NO2 – ha affermato Matt Cooper, autore dello studio. – I cambiamenti all’interno delle città non sono stati uniformi; alcune aree hanno visto un calo maggiore rispetto ad altre.

In realtà, tale metodo di misurazione dell’inquinamento e della qualità dell’aria grazie all’uso dei satelliti non si è sviluppato a seguito della pandemia, ma era stato elaborato già precedentemente. L’inaspettato blocco della vita pubblica dovuto alla diffusione del Coronavirus ha certamente creato un interessante banco di prova per la messa in atto di questo nuovo metodo.

La comprensione dei livelli di biossido di azoto, infatti, gioca un ruolo importantissimo per il monitoraggio della salute umana. L’NO2 rappresenta uno degli inquinanti atmosferici primari e contribuisce alla creazione del particolato fine: un’elevata esposizione a questa sostanza è connessa a numerosi problemi di salute, anche gravi, nonché ad un più alto rischio di mortalità. Poiché prodotto generalmente dalla combustione dei carburanti delle auto, un blocco del traffico a livello globale ha fatto diminuire di molto la sua presenza nella nostra atmosfera.

I ricercatori si sono concentrati sui dati relativi a 215 città in tutto il mondo – di cui 68 non disponevano di precedenti dati di monitoraggio dell’inquinamento e della qualità dell’aria (si trattava, nella maggior parte dei casi, di città che si trovano in Paesi a basso reddito dell’Africa e del sud-est asiatico).

Leggendo i dati, è emersa una forte disparità nella diminuzione dei livelli di biossido di azoto nelle atmosfere urbane: circa 1,2 milioni di persone ha registrato una riduzione nei livelli di NO2 del 40%, ma per 1 milione di persone tale diminuzione si è fermata sotto il 10%; inoltre, anche all’interno delle stesse città si sono verificate diminuzioni dell’inquinamento molto diverse fra loro, con cambiamenti maggiori per le aree urbane site vicino alle industrie o alle centrali elettriche e minori per le popolazioni che vivono in centro città.

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Fonti: Nature / Washington University in St. Louis

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